Se c’è una cosa che condividiamo, per quanto riguarda la corsa, è una ferma convinzione: “Il giorno in cui non dovessi più divertirmi, appenderò le scarpette al chiodo”. Correre dev’essere prima di tutto un piacere. L’allenamento, la competizione, la trasferta, tutto fa parte di questo nostro mondo e da tutti questi aspetti possiamo trarre gioia. Anche dalle ripetute tirate, anche dalle volate perse, anche dai ritiri che bruciano più delle sconfitte. Correre è scoprire di avere un corpo e imparare a usarlo per sperimentare il mondo. Correndo impariamo a muoverci sulla linea sottile che divide quello che siamo da quello che vogliamo essere. Rallentare un po’ il passo per andare più lontano o per restare con un amico leggermente meno in forma è una prova di consapevolezza delle proprie possibilità molto simile a quella consapevolezza che ti occorre per scegliere il passo da tenere in maratona e fare il tuo PB. Correre è anche mettersi in gioco, accettare il rischio di perdersi puntando a una riaffermazione del proprio valore. In tanti dicono che la corsa è uno sport di testa e di cuore più che di gambe. Noi pensiamo che non sia vero, le gambe sono necessarie, così come la passione e la volontà. Ma correndo scopri che sei molto più di un semplice corpo in movimento. Scopri che puoi spingerti dove la testa diceva che non potevi andare, che puoi fare un chilometro più di quello che le gambe ti avevano detto, che non basta il cuore per tagliare un traguardo ma decine di ore di allenamento. Ma la cosa più appassionante è che tutto questo meccanismo incasinato funziona. Che quando indossi le scarpette ed esci a correre, ritrovi quel piacere sottile che ti ha fatto uscire nella pioggia. Scoprire se stessi correndo è un’esperienza unica. E se poi la persona che abbiamo scoperto essere ci piace pure, be’ allora vale anche la pena di continuare a correrci assieme.
Giovanni Storti e Franz Rossi