Un filo conduttore percorre diverse pagine di Correre di luglio e affronta il tema dell’invecchiamento nella corsa.
La resistenza mentale all’invecchiamento
Pietro Trabucchi, nel suo ruolo di psicologo dello sport, segnala che c’è una resistenza mentale ad accettare l’invecchiamento: il decadimento della prestazione, prodotto dall’età che avanza, a volte è vissuto come un dramma, ma va accettato per accedere a una dimensione nuova, affinché la seconda parte della vita non sia solo il ricordo sempre più sbiadito della prima.
Un esempio di accettazione ad alto livello
Il numero si apre con l’intervista a Davide Tirelli. Davide, all’inizio degli anni 90 è stato capace di correre i 1.500 m in 3’34”61. Oggi ha 51 anni e continua a divertirsi a correre forte, senza alcun problema nel misurarsi, battere e qualche volta essere battuto da avversari privi del suo passato glorioso. Quello che ci è piaciuto sottolineare, nel servizio di Saverio Fattori, è che Tirelli non ha mai smesso di mettere a frutto la sua passione per lo sport e per la corsa.
Meno corsa e più muscolazione
Con l’avanzare dell’età il decadimento è generale, ma quello del tono muscolare è ancora più evidente di altri elementi. Orlando Pizzolato interviene anche su questo argomento e si rivolge ai maratoneti per segnalare un dettaglio determinante: la flessione del ginocchio al momento del contatto del piede col suolo. I muscoli che lavorano sull’articolazione del ginocchio hanno una rilevante incidenza sulla tenuta biomeccanica e sono tra quelli che maggiormente risentono della stanchezza e dell’invecchiamento.
Nota: Questo testo fa riferimento ad alcuni contenuti pubblicati su Correre n. 393, luglio 2017 (in edicola da sabato 24 giugno): “L’importante è rimettersi in gioco”, di Saverio Fattori (pagine 14-17), “Maratona: questione (anche) di muscoli”, di Orlando Pizzolato (pagine 19-22), “Gioventù, sfatiamo un mito”, di Pietro Trabucchi (pagine 57-58),