L’immagine di copertina rappresenta la condizione di moltissimi appassionati in questo periodo: con le giornate che si fanno sempre più corte non resta che attrezzarsi per correre al buio. Un allenamento che richiede organizzazione: bisogna vestirsi in modo visibile e studiare i percorsi di allenamento anche in base all’illuminazione delle strade e dei parchi che vogliamo utilizzare. La sicurezza è la priorità e va cercata in ogni modo possibile, compreso il cercare di correre il più possibile in compagnia o il lasciar detto a qualcuno dove si va e quando si dovrebbe tornare. Sembrano consigli per un’uscita alpinistica, ma la cronaca li rende “urbani”.
Uno sforzo mentale
Lo sforzo più grande dell’andare a correre di sera è però, a mio parere, soprattutto mentale: andare incontro al buio significa anche aprirsi a un futuro immediato di incertezza, alla possibilità che qualcosa non vada come da programma. La luce non è solo l’alleato fondamentale della vista, il senso dominante per noi fortunati vedenti, ma può incidere in positivo sull’umore e determinare il prevalere della sicurezza sulla fragilità.
Correre al buio è anche questo: saper accettare il disagio, l’incertezza, facendo ricorso a quella luce dentro che si accende in ognuno di noi quando riesce a ritrovare sé stesso, il che fa della corsa qualcosa di ancora più prezioso.
Buona corsa al buio, allora, e buona lettura con Correre di ottobre.