Archiviato il numero quarantanove della gara più famosa al mondo sui km 42,195 di domenica 3 novembre, dove lo spettacolo non è mancato.
Chi scrive, la maratona della Big Apple l’ha seguita attraverso le immagini televisive di Raisport, ha potuto godere di splendide immagini della città sotto un cielo limpidissimo, del numeroso pubblico, di commenti autorevoli da parte di due ex vincitori di New York (Orlando Pizzolato e Giacomo Leone) e una gara, senza i cosiddetti “pacemaker”, o lepri che di si voglia, da qui il termine che con la lingua italiana ha poco da spartire: “leprare” che spesso fa capolino sui “social”.
A New York si è assistito a una maratona uomo contro uomo (donna contro donna), senza l’assillo del cronometro, del record, così abbiamo ammirato i vincitori keniani Joyciline Jepkosgei e Geoffrey Kamworor, quest’ultimo considerato l’uomo che dovrebbe succedere a Eliud Kipchoge nel gotha mondiale della maratona, detentore del primato mondiale con 2h01’39” realizzato a Berlino nel 2018.
Eliud Kipchoge è stato anche il primo uomo ad abbattere il muro delle due ore sulla stessa distanza Vienna, nel mese scorso nell’ormai celeberrima prova/spettacolo con l’aiuto di pacemaker e di tutto quanto si è potuto seguire in tv, che ha sollevato molti interrogativi. Stare ora a dissertare su quanto avvenuto nella capitale austriaca? No! Se n’è parlato già parecchio in tutte le salse, con commenti positivi e altri negativi.
Resta il fatto che il mondo anche sotto il profilo delle distanze lunghe sta viaggiando a ritmi che sino a poco tempo fa non erano contemplati, come appunto l’abbattimento del muro delle due ore. Adesso le case produttrici di calzature fanno a gara per fabbricare “gomme” nuove per i nuovi “bolidi”.
Infatti, se i vari Kipchoge, Kamworor e pure il risorto Kennenisa Bekele (ha mancato di soli due miseri secondi il primato del keniano Eliud), possono essere considerati alla stregua di bolidi da formula Uno, allora è assolutamente necessario, non il cambio di gomme in gara ai box, ma delle gomme (scarpe) in grado non solo di sostenere lo sforzo dell’atleta, ma pure quello di migliorare la sua performance.
Pizzolato (nostro direttore) esperto in materia ha parlato in lamine nelle scarpe e di altre novità che faranno la gioia di molti “runners” in giro per il mondo, oltre alle case produttrici. Ci si ferma qui. Un dubbio però a chi scrive a questo punto sorge…
Con quali scarpe antelucane avranno vinto i vari Pizzolato, Giacomo Leone, Gianni Poli, Franca Fiacconi, oppure ancora Laura Fogli (2 volte seconda) Gianni Demadonna (secondo nel 1987) ottimi pure loro in Central Park, tutti regolarmente presenti il giorno della gara in veste di accompagnatori o di manager di quell’orda di quasi 3.000 italiani che hanno ingoiato i cinque distretti?
Oppure, ancora andando a ritroso nel tempo, nel 1978 Marco Marchei o Franco Ambrosioni antesignani di tanti podisti/runner che cavolo di calzature hanno calzato? Per finire, per la serie “chi se ne importa” chi scrive corse New York con un paio di Etonic. Penso non siano più commercializzate in Italia.