La corsa di Matviychuk per salvare i profughi

La corsa di Matviychuk per salvare i profughi

15 Marzo, 2022

Ti richiamo sto preparando pacchi”. Questa la risposta al cellulare che mi arriva dalla voce di Vasyl Matviychuk, atleta ucraino che vive a Domodossola. Come molte persone che provengono dall’Est Europa parla un italiano fluente, senza gli articoli. Una sorta di marchio di fabbrica di Vasyl che, in coppia con il connazionale Sergey Lebid, per anni sono stati primattori nel nostro mezzofondo e fondo. Lebid (impossibile raggiungerlo tramite cellulare in Ucraina) con nove titoli conquistati agli Europei di cross. Vasyl, due volte campione tra gli juniores: agli Europei di cross a Thun nel 2001 battendo niente di meno che Mo Farah e il nostro Stefano Scaini e poi nello stesso anno agli Europei in pista di Grosseto quando Mo Farah vinse i cinquemila, lui i diecimila.

Sergey Lebid (a sinistra) gioca insieme al connazionale Vasyl Matviychuk in una foto scattata qualche anno fa a Domodossola

Vasyl Matviychuk come molti altri suoi connazionali, in questo periodo con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta cercando di dare una grossa mano ai suoi connazionali.
Mi ha richiamato più o meno all’ora prestabilita. È stato un fiume di parole, non smetteva più di parlare e lo ha fatto con grandissima dignità, senza piagnistei, o invocazioni d’aiuto. Ha solo raccontato la sua situazione di persona che soffre per la sua nazione.

Vasyl Matviychuk, il Piccolo Principe d’Ucraina


Vasyl Matviychuk ha 40 anni, dal 2004 risiede a Domodossola, è sposato con Olga, ucraina e hanno una figlia, Daria di 7 anni. Lavora facendo consegne per un’azienda di ricambi d’auto, sino alle sei di sera, zona Verbania/Gravellona (Piemonte), poi si allena. Il sabato vende salumi e formaggi nei mercati e la domenica partecipa a qualche gara. È tesserato per la Gabbi Ponteggi di Bologna. L’ultima volta visto in gara, nel Giro di Trento dello scorso ottobre. È sempre stato chiamato “Piccolo Principe”, un nickname di cui va fierissimo.

“Non mi aspettavo di certo che scoppiasse la guerra. – queste le sue prime accorate parole – . Si continuava a parlarne, poi quando ho saputo delle bombe che cadevano sulle case, mi è cascato il mondo addosso. Una vita di sacrifici, sembra una frase fatta, ma è così, mi sono sempre dato da fare, non ho sprecato un soldo per comprare un appartamento a Kiev e poi i missili ti distruggono tutto. Nonostante ciò, posso considerarmi fortunato. Olga con mia figlia si erano trasferiti nella capitale dallo scorso settembre. Mia moglie voleva che Daria imparasse la nostra lingua, andasse nelle nostre scuole. Per le vacanze di Natale erano tornate a Domodossola (le festività ortodosse non incidono con le nostre), erano pronte per ripartire, ma l’epidemia di Covid, ha consigliato sia a mia moglie che a mia figlia di restare in Italia. Una vera e propria fortuna”.

“Poi volevamo festeggiare il nostro compleanno (padre e figlia nati lo stesso giorno il 13 gennaio). Erano ormai mesi che vivevo senza la mia famiglia – prosegue Vasyl Matviychuk – Senza la pandemia di Covid, tornando in patria avrebbero rischiato e molto. I primi giorni mi svegliavo di soprassalto la notte, non riuscivo a dormire, telefonavo in continuazione in Ucraina. Un giorno ho telefonato a un amico. Questi (un militare) mi ha detto: “Che lavoro fai? Io ho risposto: “Sono atleta”. Corro da 22 anni. Allora resta dove sei, tocca a noi combattere. Parla della nostra situazione in Italia, non smettere di farlo, avvisa che non rispettano le regole, dillo al mondo intero”.

Dal confine 28 persone portate in salvo


“Mi sono dato da fare. Con il cellulare ho predisposto un gruppo what’s app con altri amici italiani, e dopo pochi giorni siamo riusciti ad allestire tre furgoni gratis con nove posti ciascuno. Siamo partiti, destinazione Polonia al confine con l’Ucraina, per intenderci nei pressi di Leopoli. Siamo partiti giovedì 4 marzo, domenica sono tornato. Ho raccolto 28 persone, di cui 18 bambini di tutte le età da piccolissimi di poco più di un anno sino a 15 anni e donne. Gli uomini, come tutti sanno, restano a combattere. I profughi, che ho condotto sino a Domodossola, hanno trovato una grande solidarietà, sono stati vaccinati, hanno avuto il green pass e hanno trovato un tetto pronti ad accoglierli. Il problema è che ora ricevo telefonate dalla Germania, dalla Slovacchia, dalla Polonia. Di persone che mi chiedono una mano, un inferno. Io però non mi fermo riparto tra due giorni, non vedo l’ora di riportare fuori da questa sporca guerra i bambini”.

Alberto Pizzi (Foto Maiocchi)

Non si è di certo tirato indietro il presidente dell’Atletica V.C.O. Sport Project Alberto Pizzi raccogliendo contributi per il viaggio in Ucraina che verrà ripetuto in questa settimana. Si sono raccolti denari tramite la vendita di magliette con la scritta “Run for Ucraina” e l’albergo di proprietà della famiglia Pizzi ha contribuito anche alla raccolta di prodotti alimentari.