Ci sono momenti in cui realizzi cosa farai da grande.
O quanto meno respiri una magia che vorresti far diventare il tuo lavoro.
La prima notte magica di Joshua Cheptegei scorse davanti ai miei occhi il 22 luglio 2014.
Eravamo a Eugene, prima giornata dei Campionati Mondiali Under 20.
Il giorno precedente, faccia ebete per il mio primo press pass internazionale e la mia prima foto in homepage su fidal.it.
A rappresentare l’Italia in quel 10.000 in uno stadio che sapeva di leggenda – l’Hayward Field di Steve Prefontaine – c’erano Giulio Perpetuo e Omar Guerniche, ma questa è un’altra storia.
Altre vite, stessi sogni che però non sono riusciti a trasformarsi in mestiere.
Di quella gara ricordo un senso di attesa palpabile, 6 km in fuga di una coppia di giapponesi che ti veniva da chiederti se gli africani non stessero sbagliando a sottovalutarli.
Ma poi no, con quel senso di ineluttabilità e predestinazione, eccole là davanti come da copione le divise di Kenya ed Etiopia, con quella strana novità di due ugandesi nel nuovo quintetto di testa.
Cheptegei primo in 28’32”86 e un ultimo giro da 59”6, lo scudiero Mande quinto in 28’53”77.
Quella sera era nata una stella ma io ancora non lo sapevo. Una stella che ieri notte a Valencia si è regalato il suo terzo record del mondo: 26’11”00 proprio in quei 10.000 m da cui partì tutto.