La stagione in pista sta per terminare. Non è improbabile che fiocchino nuovi record personali che nel mondo inglesizzato dell’atletica vengono spesso definiti personal best. Insomma, sabato e domenica sera con la finale a Eugene della Diamond League, tutto sarà terminato. In pista se ne riparlerà nel 2024 con le prove indoor.
Che stagione è stata per gli azzurri?
Positiva, magari con qualche interrogativo in più in vista del prossimo anno a Roma gli Europei e a fine luglio i Giochi di Parigi. Positiva per un paio di successi che un tempo erano addirittura impensabili, leggi Coppa Europa chiamato ora Campionato Europeo per Nazioni, dove l’Italia lottava per non retrocedere, ora invece ha vinto a mani basse. Teniamo presene che nazioni come la Germania e la Francia stanno avendo una sorta di involuzione, sono sparite dai radar.
L’Italia a Chorzow (Polonia) ha letteralmente dominato, sembrava di rivedere una sorta di DDR (sono vietati a questo punto paralleli con quanto ingurgitavano certi atleti/e). Poi ci sono stati i Mondiali di Budapest e anche in questo caso finalisti a iosa: quattro medaglie con qualche rimpianto, magari nelle lunghe distanze e nella maratona, dove qualcosa non funziona. Non ci si può accontentare di buoni risultati, quando abbiamo avuto campioni olimpici come Gelindo Bordin e Stefano Baldini nella distanza olimpica più lunga, oppure come Alberto Cova nei dieci mila. Gli africani su queste distanze per noi italiani ed europei sono imprendibili, sia in pista che in strada.
Ancora una volta, la marcia serbatoio di medaglie, non ha fallito grazie ad Antonella Palmisano, poi Gimbo Tamberi nel salto in alto ha regalato una notte magica a tutti noi ed anche a lui stesso. Ora è alla pari dei vari Mennea, Simeoni, Consolini e Cova, pure lui ha vinto tutto. L’altro alloro pure quello indimenticabile l’argento nella 4×100. Il mago Filippo Di Mulo ha plasmato un quartetto d’archi, battuto solo dai mostri statunitensi. E visto che singolarmente i vari Patta e Rigali non sono in grado di reggere gare individuali ad altissimo livello, compreso Tortu, nel corso dell’anno riesce sì e no a disputare un 200 come Dio comanda, invece nella staffetta si trasforma.
Per quale motivo allora non concentrarsi unicamente sulla 4×100 (con l’aggiunta di Marcell Jacobs) per rivincere l’oro a Parigi? Questo potrebbe essere il dilemma dell’inverno, in attesa di maratone, mezze maratone e corse campestri che ci porteranno verso la fine del 2023. La cartina di tornasole della buona salute dell’atletica italiana sta nel fatto che nelle riunioni di fine stagione, troviamo atleti ad occupare corsie e pedane. Sino a qualche tempo fa impensabile!