Accadde… domani: le corse che furono, in questi stessi giorni 

Accadde… domani: le corse che furono, in questi stessi giorni 

29 Maggio, 2020
Foto: Giancarlo Colombo
Da sabato 30 maggio ai primi giorni di giugno, ecco cosa accadde negli stessi giorni che stiamo vivendo. 
30 maggio: il maratoneta Derek Clayton abbatte il muro delle 2:09’; 31 maggio: Kipsiele Koech illumina il Golden Gala nei 3.000 m siepi (7’54”31); primo giugno: al debutto sulla distanza, Bekele batte il maestro Gebre nei 10.000 m; 2 giugno: compleanno di Jens Peter Herold, imbattibile in Europa sui 1.500 m nel 1990; 3 giugno: Meseret Defar, a New York, si impossessa del record mondiale dei 5.000 m (14’24”53). 

Parte da lontano la rubrica, esattamente dal 1969, quando plana su Anversa un marziano chiamato Derek Clayton. Il fenomenale maratoneta australiano, nel giro di due anni (1967-1969) dimostrerà di essere stato il primo a abbattere quattro muri sui 42,195 chilometri. Esattamente 2:12’00”, 2:11’00”, 2:10’00”, 2:09’00”. Il culmine il 30 maggio con 2:08’33”. Tutto da solo con un passaggio a metà di 1:03’47” in anticipo di almeno 20 anni su tutti. Derek non ha mai vinto niente in carriera, ma ha impresso una svolta alla specialità: fu il primo a far pensare al muro delle due ore. 

30 maggio 1969 – Com’era la corsa 51 anni fa? Era appannaggio di pochi. Non esisteva ancora come fenomeno di massa. I maratoneti provenivano dalla pista e usavano scarpe sottilissime che li esponevano a infortuni. L’australiano Derek Clayton quel giorno, a Anversa, era già primatista mondiale. Nel 1967 a Fukuoka (Giappone) aveva bruciato le tappe: 2:09’36”, primo a scendere sotto i limiti di 2:12’00”, 2:11’00” e 2:10’00” (!). A 27 anni ha ancora voglia di stupire; nella città belga passa a metà in 1:03’49” completamente da solo, con un passaggio che precorre i tempi (in tutti i sensi). Derek accusa la fatica e la solitudine nel finale, e comunque chiude in 2:08’33”, impresa epica. Ci vorranno dodici anni prima che un altro australiano (Robert De Castella) faccia meglio con 2:08’18” a Fukuoka. Ancora adesso, nelle biografie, per Clayton viene usato il termine “single minded” (unico). Giustamente.

31 maggio 2012 – Nel Golden Gala di Roma un keniano non troppo noto (Paul Kipsiele Koech) si mette in luce nei tremila siepi. Il nome è nuovo, la strategia sembra rievocare un’indimenticabile gara sulla stessa distanza, nella stessa città: Mondiale del 1987, vittoria di Francesco Panetta. I passaggi a metà sembrano regalare al prestigioso meeting un altro limite nel mezzofondo, invece il sogno sfuma per un’inezia: 7’54”31 di Paul contro 7’53”63 dell’ex connazionale (poi qatariano Saif Saeed Shaheen). Così non si riesce a riportare nella Valle del Rift un record keniano per almeno 30 anni. Ancora adesso il tempo di Kipsiele Koech è la terza prestazione di tutti i tempi, il sesto tempo sotto 8’00”00 per l’allora 31enne africano. Il cognome Koech sembra indissolubilmente relativo alla “campestre in pista”. Il 3 luglio 1989 a Stoccolma Peter Koech, con 8’05”35 migliorò dopo undici anni l’annoso primato di Henry Rono.

Primo giugno 2003 – Fine maggio, inizio giugno? Ecco il meeting di Hengelo (Olanda), una sorta di “filone sportivo” di record. Sono in 18.000 sugli spalti quel giorno, in occasione del meeting Iaaf. Nello stadio “Fanny Blankers Koen” assistono al primo confronto fra due extraterrestri come Haile Gebrselassie e Kenenisa Bekele. Prevale Bekele in 26’53”70 davanti a “Geb”, 26’54”58”. Per Haile è la terza sconfitta sui 25 giri dopo quelle ai Mondiali di Edmonton e ai Giochi Africani. A Edmonton si era interrotta una striscia ininterrotta di successi dopo 21 anni. Per Kenenisa è l’esordio sulla distanza: «Dite che potevamo fare meglio?» – dichiara dopo la gara – «faceva caldo e per me si trattava dell’esordio. Così sono stato prudente e ho aspettato fino all’ultimo prima di partire in volata». Terzo è un altro etiope, Sileshi Sihine, 26’58”78. Il meeting è interessante anche per gli 800 m uomini, vinti da Wilfred Bungei in 1’43”05, e per i tremila siepi (primo Paul Koech con 8’06”68).

2 giugno 1965 – Nasce nell’allora Germania Est, a Neuruppin, Jens Peter Herold. Ha la dinamite nel finale e la fa valere nel 1990, suo anno d’oro, quando completa una doppietta non da tutti: oro nei 1500 m nelle due rassegne continentali, quella al coperto e quella all’aperto (Spalato). È il punto più alto di una carriera che lo vedrà indossare due maglie (DDR e poi Germania riunificata). A Seoul si fa ancora rispettare: terzo sempre sui 1.500 m. Nella Coppa del Mondo del 1989 dimostra una certa versatilità, con il terzo posto nei 1.500 m e l’argento negli 800 m. Il personale nei 1.500 m è di 3’33”28. Notevole anche 1’44”88 negli 800 m. Mezzofondista veloce dalla solidità indubbia e dal “kick” terribile. Guai a portarlo in volata…

3 giugno 2006 – È la grande giornata dell’etiope Meseret Defar (nella foto), che vince i 5.000 m del meeting di New York in 14’24”53, nuovo record mondiale. Millimetrico il miglioramento: il precedente apparteneva alla turca (ex etiope) Elvan Abeylegesse, 14’24”68. La ventitreenne africana passa ai 3.000 m in 8’42”8 ed è sopra di circa cinque secondi rispetto al ruolino di marcia di Elvan, ma tutto viene guadagnato con gli ultimi 600 m arrembanti, e soprattutto con gli ultimi duecento in 60”0. Due anni dopo, a Stoccolma, Meseret chiuderà con 14’12”88, seconda mezzofondista di tutti i tempi.