Da venerdì 22 a sabato 29 maggio, ecco cosa accadde negli stessi giorni che stiamo vivendo. 22 maggio: Nasce il maratoneta Jaouad Gharib; 23 maggio: nei 10 km di Manchester l’acuto di Craig Mottram; 24 maggio: il mondiale sui 1.000 m di Rudolf Harbig; 25 maggio: compleanno di Stefano Baldini; 26 maggio: il grande 10.000 m del 2003 a Boulder; 27 maggio: con la vittoria nel 3.000 m di Roma comincia il magico 1957 di Francesco Perrone, quest’anno vittima del coronavirus; 28 maggio: nel 1955, a Londra, tre mezzofondisti scendono sotto i quattro minuti nel miglio; 29 maggio: è il 2005 quando, nei 10.000 m, Bekele attacca a Hengelo il suo mondiale dell’epoca (26’20”31) e lo manca di 8 secondi.
L’incipit è dedicato a Stefano Baldini, che il 25 maggio compie 49 anni. Tre giorni prima è il compleanno di Gharib, suo strenuo avversario, di un anno più giovane. Torna Kenenisa Bekele in una delle sue meravigliose prestazioni sui 25 giri di pista. Qualche altro risultato che fece epoca o scalpore e, non ultimo, il commosso ricordo di Francesco Perrone, azzurro degli anni cinquanta vittima del coronavirus.
22 maggio 1972 – Nasce a Khenitra (Marocco) Jaouad Gharib. Nella città di nascita c’è già il destino del futuro del runner nordafricano: è la stessa località dove era nato, nel 1959, il grandissimo Said Aouita. Gharib inizia a correre relativamente tardi (22 anni) e ci vogliono sette anni prima che cominci a vincere. Campione mondiale di maratona nel 2003 e 2005, stabilisce nel 2009 il record nazionale con 2:05’27”. I progressi sono sorretti da personali di tutto rispetto in pista: 13’19”69 (5.000 m) e 27’29”51 (10.000 m). Solo undicesimo ad Atene 2004, a Pechino 2008 è invece argento , preceduto dal solo Samuel Wanjiru. Vanta una vittoria a Fukuoka (2010) e un bronzo a New York (2009).
23 maggio 2004 – Craig Mottram è un mezzofondista australiano capace di 12’55”76 sui 5.000 m. Non male per uno partito dal triathlon. Ha sempre avuto la sfortuna di trovare sulla sua strada africani più forti. Ma in questo 23 maggio 2004, a Manchester (GBR), nella 10 km internazionale, prende subito la testa della gara. Alla fine è primo in 27’54” davanti al primatista mondiale di mezza maratona Zersenay Tadesse (27’59”). Quarto un asso come Paul Tergat (28’08”). Grandi nomi anche fra le donne: vince l’irlandese Sonia O’Sullivan (32’11”), brava nello scrollarsi di dosso la compagnia dell’etiope Berhane Adere (32’15”) e della keniana Margaret Okayo (32’23”).
24 maggio 1941 – L’imminenza del tragico secondo conflitto non ferma lo sport. A Dresda (GER) l’idolo locale Rudolf Harbig stabilisce la nuova migliore prestazione mondiale sui 1.000 m con 2’21”5. Gli finiscono dietro, nell’ordine, Ludwig Kaindl e Dieter Giesen, accreditati di 2’24”. L’alfiere del Dresdner Sportclub, “Rudi” per tutti, riuscì a migliorare il primato di 2’23”6 stabilito dal francese Jules Ladoumegue e vecchio di undici anni. Harbig aveva personali di grande valore anche sui 400 m (46”0) e sugli 800 m e fece passi da gigante sotto la guida di Woldemar Gerschler, che ogni tanto tirava fuori frasi a effetto come: “La grande malattia del nostro tempo si chiama mancanza di movimento”. Harbig morì proprio durante la Seconda Guerra Mondiale.
25 maggio 1971 – Nasce a Castelnovo di Sotto (RE) Stefano Baldini (nella foto). “Dio di maratona”, così lo definisce la Rosea in un memorabile titolo all’indomani della vittoria olimpica, 29 agosto del 2004, ad Atene. Il punto più alto di una carriera sportiva costruita pazientemente, con raziocinio (Stefano è diplomato ragioniere), ma anche con una classe evidente anche dai personali in pista: 13’23”43 sui 5.000 m, 27’43”98 sui 10.000 m. Campione mondiale di mezza maratona (1996), sotto la guida di Lucio Gigliotti scrive alcune delle pagine più belle della maratona azzurra: due titoli europei (1998 e 2006), bronzo ai Mondiali 2001 e 2003, prima del “giorno dei giorni”, con l’arrivo nello stadio Panathenaiko, in uno dei momenti più belli dello sport italiano. Il suo personal best di 2:07’22” (Londra 2006) è rimasto record nazionale fino a metà febbraio di quest’anno. Tutto questo ci aiuta a capire perché sia considerato il più grande maratoneta italiano di tutti i tempi.
26 maggio 2003 – Boulder, in Colorado (USA), è stata per molto tempo località cult del training in altura (1.665 metri di quota). Quel giorno si disputa una 10 km che, per aggiungere pepe, comprende anche una classifica per nazioni, poi vinta dal Kenya. Fra gli uomini spicca l’etiope Dejene Berhanu, che vince in 28’54” davanti al keniano Paul Koech (28’58”) e al tanzaniano Yuda (29’29”). Vince fra le nazioni il Kenya. Scontro fra maratonete in campo femminile. Deena Drossin (USA) vince in 33’17” davanti all’etiope Asha Gigi (33’13”) e alla romena Constantina Dita (34’17”).
27 maggio 1957 – In questa rubrica di bei ricordi ne vogliamo dedicare uno alla memoria di Francesco Perrone, azzurro di diverse specialità, mancato all’affetto dei suoi per coronavirus qualche settimana fa. Il 27 maggio 1957 il mezzofondista delle Fiamme Oro corre i 3.000 m a Roma in 8’31”0, crono che sarà la quinta prestazione stagionale italiana. Il 1957 sarà un anno bello per l’atleta pugliese, che a Bari, il 17 ottobre, stabilisce il record nazionale dei 5.000 m con 14’31”0. Francesco si diede anche alla maratona: realizzò un personale di 2:27’22” (nel 1961) e fu 37° in 2:31’32” all’Olimpiade di Roma.
28 maggio 1955 – A Londra tre mezzofondisti scendono sotto i quattro minuti nel miglio (1609,44 metri). Vince in volata l’ungherese Laszlo Tabori (3’59”8) davanti a Chris Chataway e a Brian Hewson. I tre finiscono accreditati dello stesso tempo! Poco più di un anno prima (il 6 maggio 1954) c’era stato il primo tempo “sub four” di Roger Bannister, aiutato per l’occasione dal prode Chris, che ben presto imparò l’arte del correre la distanza. Nel 1956 un altro inglese (Derek Ibbotson) avrebbe stabilito il mondiale con 3’57”2, il 19 luglio, sempre a Londra.
29 maggio 2005 – Riunione ricca di motivi, come da anni del resto, quella di Hengelo (NED). Fari sull’etiope Kenenisa Bekele, che parte con l’intenzione di migliorare… il sé stesso di Ostrava (CZE) dell’anno precedente sui 10.000 m (26’20”31). Il sogno resta realizzabile fino a sei giri dalla fine, poi il clima gioca un tiro mancino: “Troppo freddo, troppo vento”, è il laconico commento di Bekele riguardo al suo crono di 26’28”72, circa otto secondi in più del mondiale, quarta prestazione di tutti i tempi. Si rivela al secondo posto il connazionale Abebe Dinkesa (26’30”74). Terzo è il marocchino Abderrahim Goumri (27’02”62) seguito dallo junior keniano Bernard Kipyego Kiprop (27’04”45), fallendo di un nulla il mondiale di categoria. Di ottimo livello anche i 3.000 m, vinti da Isaac Songok (7’30”14) davanti a un Eliud Kipchoge (sì, proprio lui!) ancora pistaiolo (7’30”56).