Prima di approdare sulle pagine di Correre, sarete stati probabilmente già raggiunti dal mantra della corsa “che deve essere solo divertimento, senza più la schiavitù del cronometro”. Un dualismo artificiale.
Il numero di agosto di Correre è quello che di solito intercetta di più i lettori non abituali, nuovi o saltuari. Segno che il mese di agosto funziona ancora come una pausa, per quanto non più estesa e completa come una volta. Una pausa del tempo che rigenera la mente e permette di riavvolgere il nastro per rivedere, come in un VAR della partita della nostra vita, cosa sia andato storto e perché, e magari farci decidere di correggere il tiro inserendo, da settembre in poi, nel nostro quotidiano, qualcosa di nuovo o di non più frequentato da tempo.
In questi processi decisionali, lunghi e lenti come certi allenamenti fatti più per pensare con calma che perché utili alla costruzione della forma, la corsa si presenta spesso come la strada da cui ricominciare, la finestra che permette di affacciarsi su un nuovo orizzonte di vita.
Se è questa l’occasione che vi ha portato su queste pagine, “Benvenuti”, innanzitutto, e permettete di presentarvi i vostri “vicini di lettura”, i corridori di differente velocità ed estrazione, che abitualmente appoggiano lo sguardo e il collegato cervello su queste pagine. Si tratta di gente che è uscita da tempo dal “tunnel del divertimento” (Caparezza) e che trova normale convivere con gli indolenzimenti da acido lattico in cambio del brivido che li percorre e li scuote al momento del via di una corsa. Non di rado, questi vostri vicini di lettura finiscono per utilizzare l’abitudine alla corsa praticata in profondità anche nella dimensione personale del proprio vissuto, dimostrandosi capaci di non sfuggire alla noia, ad esempio, o lasciarsi sorprendere dalla malinconia o attraversare senza panico la tristezza, acido lattico della vita.
Non stanno simpatici a tutti, devo dirvi la verità. Prima di approdare su queste pagine, sarete stati probabilmente già raggiunti dal mantra della corsa “che deve essere solo divertimento, senza più la schiavitù del cronometro”. Un dualismo artificiale, come la comunicazione politica quando si inventa un nemico per sbraitare: nessuno passa la maggior parte del tempo della corsa a guardare il cronometro. Del resto chi è autorizzato a decidere per voi dove stia di casa il divertimento o “Che sapore ha la felicità?” (Negrita).
Vi lascio tranquilli a meditare. E soprattutto a continuare a correre (con o senza cronometro) o a ricominciare a correre o a provarci per la prima volta.
L’estate vi sia amica.