Il laboratorio della fatica

Il laboratorio della fatica

Foto: Roberto Roux / Tor des Geants
Le dieci edizioni del Tor des Géants hanno permesso ai ricercatori di verificare sul campo i meccanismi fisici e soprattutto mentali che governano il comportamento umano quando lo sforzo arriva all’estremo… pronti a scoprirli?

“Partiamo da un presupposto: più lungo non è necessariamente più usurante. I danni muscolari e infiammatori sono correlati al ritmo, non alla distanza da percorrere”, ci ricorda in apertura di articolo lo psicologo Pietro Trabucchi.

Anticipatory regoulation of the pace 

“Lo ha dimostrato una ricerca svolta tra il 2011 e il 2012 durante il Tor de Géants; un lavoro firmato da Jonas Saugy e da un gruppo di ricercatori misto delle università di Verona e Losanna – prosegue l’autore -. Lo studio ha testato 25 partecipanti alla manifestazione valdostana, misurando prima, durante e dopo la gara i livelli di alcuni markers del danno muscolare nel sangue e nei muscoli.” I dati sono stati confrontati con quelli ottenuti in precedenza su di un campione simile di atleti che ha corso una gara decisamente più “breve”, l’Ultra-Trail du Mont-Blanc: 166 km contro 330… praticamente la metà!

Accade, infatti, che il nostro cervello possieda la capacità di “calcolare” con molta precisione il ritmo di corsa adeguato alla distanza che dobbiamo compiere. È quel fenomeno, denominato “anticipatory regoulation of the pace” (regolazione anticipativa del ritmo). 

Una capacità cerebrale che migliora col tempo 

“In sostanza – chiarisce Trabucchi – noi siamo capaci di adattare l’intensità dell’esercizio alla lunghezza del tragitto che ci aspettiamo di dover correre. La scelta è tanto più adeguata, quanto più l’atleta è esperto.” 

“Ad esempio, un corridore esperto sceglie “istintivamente” ritmi molto diversi se deve correre una mezza maratona oppure una cento chilometri. Un principiante può fare errori clamorosi, spesso pagati con il ritiro. Il cervello impara dall’esperienza. La “regolazione anticipativa” del ritmo migliora con il tempo.” 

Il ruolo chiave del cervello nell’ultratrail

Proseguendo nell’articolo, Trabucchi passa ad analizzare il ruolo chiave del cervello rispetto ai limiti alla prestazione negli ultratrail, prima di entrare nel dettaglio del rapporto fra stanchezza cerebrale e infortuni.

In chiusura di articolo, l’autore ci pone poi la domanda se il corpo sia in grado di imparare a risparmiare energia anche durante la gara… per la cui risposta e trattazione dettagliata vi suggeriamo la lettura di Correre di dicembre.

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Il laboratorio della fatica”, di Pietro Trabucchi, pubblicato su Correre n. 446, dicembre 2021 (in edicola da inizio mese), alle pagine 16-23.

 

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