Microsonni, quel che c’è di vero

Microsonni, quel che c’è di vero

03 Luglio, 2018
Foto: 123rf

Dormire è una necessità biologica fondamentale. Per la qualità della vita e per quanto riguarda le prestazioni. Approfondiamo il tema dei microsonni, utilizzati in molte discipline sportive, tra cui le gare di corsa di lunga durata.

Quando non si riposa

Nelle competizioni che superano le 24 ore di durata, così come in tutta l’area dei trail con chilometraggi superiori ai 150 km, la deprivazione da sonno (indicata con la sigla DDS) è uno dei fattori che limitano maggiormente la prestazione. Molti dei partecipanti a questo tipo di competizioni parlano di microsonni, termine usato per indicare una miriade di tecniche, di approcci e di pratiche diverse. Ma quali sono i reali esiti della deprivazione totale e parziale di sonno? 

Deterioramento delle capacità cognitive

Periodi anche relativamente brevi di DDS causano un peggioramento delle capacità cognitive, come memorizzare degli elementi o prestare attenzione a uno stimolo. Pensiamo, per esempio, a come la capacità di concentrarsi sia fondamentale quando si corre in discesa o in percorsi tecnicamente complessi, per evitare di perdersi o per distogliere l’attenzione dalla fatica acuta o dal dolore.

Iperreattività emozionale

Dormendo poco o nulla, la gestione delle proprie emozioni, specie quelle negative, diventa più difficile. Cambia il tono dell’umore, il soggetto diventa più irritabile, aggressivo, irascibile e sensibile alle frustrazioni. Inoltre, a parità di carico di lavoro, si avverte un maggior affaticamento.

Compromissione dell’equilibrio posturale

In caso di privazione del sonno, aumentano le difficoltà nel mantenimento dell’equilibrio e della postura a causa dell’affaticamento del sistema nervoso centrale e di alcune aree specifiche del cervello: è come se il cervello tendesse continuamente a spegnersi da solo. 

Autoregolazione in emergenza 

Se lo spazio del sonno viene ridotto e compresso in piccoli intervalli più o meno frequenti, il corpo si organizza per ottimizzare i tempi. Stabilisce delle priorità, entra immediatamente nella fase più importante per mantenere la sopravvivenza e il funzionamento di base dell’attività cerebrale e rimanda invece momenti meno fondamentali nell’immediato, come ad esempio quelle legate al consolidamento degli apprendimenti e dei ricordi.

I microsonni hanno una durata ottimale compresa tra i 20 e i 40 minuti. Attenzione però a non abusarne: si tratta pur sempre di una strategia di emergenza. 

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Microsonni, quel che c’è di vero”, di Pietro Trabucchi, pubblicato su Correre n. 405, luglio 2018 (in edicola a inizio luglio), alle pagine 70-72.

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