Pochi giorni prima dell’evento iridato di Pechino, vado a ricordare un oro che nel 1995 – mondiali svedesi di Goteborg -, giunse inaspettato: quello di Michele Didoni nella 20 km di marcia.
Questo ricordo lo voglio dedicare proprio all’ex azzurro che ne ha passate di tutti i colori nell’ultimo anno uscendone a testa alta, dopo la spinosa questione del caso Alex Schwazer.
Michele Didoni, milanese, viveva in un quartiere di Milano che veniva molto spesso paragonato al Bronx di New York. Lui come Gianni Perricelli, altro azzurro di vaglia, sono stati reclutati da una sorta di angelo della marcia, quel Pietro Pastorini che a Quarto Oggiaro ha fatto camminare quasi tutti.
Veniamo al mondiale. A Goteborg si respirava un clima che da quelle lande è difficile da trovare: cielo terso, caldo al punto giusto, giornate lunghe all’inizio di agosto, ambiente di grande festa.
Nel primo giorno di gare l’Italia va subito a segno con Ornella Ferrara, terza in maratona.
Poi tocca alla marcia. Michele che sin da bambino aveva imparato i rudimenti della specialità, non è di certo il favorito. Quando vinse a Goteborg aveva 21 anni senza la barba da francescano attuale e 40 kg in meno. Sì, avete letto bene, ma lui non se ne fa un cruccio.
Il 6 agosto del 1995 non era tra i favoriti, tutti parlavano di Schennikov, non certo di Didoni.
Michele è in grande forma, quel giorno il clima era quasi perfetto, il caldo più che sopportabile: 27/28 gradi. Al 16º chilometro piazza l’allungo che lo porta per primo sul traguardo dello stadio Ullevi che è un gioiello di architettura, a completare l’opera, al terzo posto si piazza Giovanni De Benedictis. Un trionfo azzurro. Passa qualche minuto e il pescarese viene squalificato: misteri della marcia… e pensare che le foto dell’epoca ritraggano i due avvolti nel tricolore.
Didoni prima di recarsi a Casa Italia per i festeggiamenti va a passeggiare da solo, per godersi tutti i momenti più belli della sua immane fatica. Poi con il tecnico Pastorini il neo campione del mondo raggiunge il ristorante, dove ci si ritrovava tutte le sere dopo le gare, per discutere, e festeggiare gli azzurri. Michele ragazzo schivo e riservato lascia ben presto i festeggiamenti ufficiali e se ne va con i suoi amici Mistretta e Penolazzi, che erano arrivati a Goteborg per incitarlo, con lui avevano diviso chilometri, sogni e allenamenti.
Il giorno dopo ligio al dovere si concede alla stampa, siamo in tre a sentirlo: il sottoscritto, Guido Alessandrini e Leandro De Sanctis (Michele se lo ricorda ancora).
Al campione mondiale veniva nel 1995 regalata una Mercedes, ma che venne sempre guidata da Pietro Pastorini. Trascorrono un paio di mesi e i due decidono di andare un pomeriggio al cinema, in centro storico a Milano (Piazza Castello) quel giorno alla guida si pone Michele. Parcheggia, entrano nella sala, vedono un film e all’uscita della Mercedes, neppure l’ombra: mai più ritrovata! La vita di Michele da quel giorno cambiò radicalmente, ma come dice l’ex azzurro: “Ho realizzato un sogno”.
Nel quartiere di Quarto Oggiaro Michele ci è rimasto sino a 27 anni, barcamenandosi come atleta, alti e bassi, ma come ricorda di avere detto un giorno all’allora responsabile della marcia azzurra Sandro Damilano: “Si può arrivare primi o 64º in Coppa Europa ma sempre con il sorriso sulle labbra”.
Continua a praticare la marcia sino ai Giochi del Mediterraneo del 2005.
Il resto del racconto lo ritrova a fianco di Schwazer come tecnico, ma questa è un’altra storia, non ancora conclusa. Adesso è fuori dal mondo dello sport è solo un carabiniere a Milano. Particolare da non scordare il 6 agosto del 1995 al termine delle gare il tabellone luminoso all’interno dello stadio aggiornò il medagliere: l’Italia era prima anche perché Fiona May aveva vinto nel lungo. Che serata!