“Sai, io corro a sensazione. E’ bellissimo lasciarsi andare e non pensare a nulla, solo al rumore dei passi e al suono del respiro”.
“Cosa faccio oggi nella mia uscita? Che domanda: corro! Semplicemente e con naturalezza, un passo avanti all’altro finché riesco e finché ne ho voglia”.
“E’ inutile che mi chiedi il mio tipo di allenamento: non sono come tutti quegli esaltati che vedo correre con l’occhio puntato al cronometro, sono diverso, io”.
Bellissimi questi approcci alla corsa alla Forrest Gump o da podisti zen, a voi la scelta. Ma non prendiamoci per i fondelli: è una storiella che tutti prima o poi nella nostra onorata carriera di tapascioni ci siamo raccontati, per sentirci in armonia con la natura, lo spirito dell’aria, Bambi e la pace nel mondo, ma in fondo in fondo in fondo… tutte balle, immense balle, balle spaziali.
Perché siamo onesti, a noi runner piace da morire essere schiavi dei numeri, tiranneggiati dagli obiettivi, scudisciati da allenatori veri o virtuali.
Su Correre di febbraio Maria Comotti analizza, con la giusta dose di ironia, le varie tipologie di runner: precisi, approssimativi, maniaci delle statistiche, ansiosi da cronometro. Ecco servita la fenomenologia da numeri e tabelle.