37° C e dintorni. È più o meno la nostra temperatura corporea “a riposo”. Con l’attività fisica tende ad aumentare e l’aumento è importantissimo, perché permette di attivare i meccanismi che innescano la produzione dell’energia e il suo utilizzo da parte del nostro organismo.
Il calore prodotto dal corpo viene disperso nell’aria esterna. Quanto più l’aria si muove, tanto più sarà il calore che si riesce a disperdere. Questo spiega perché ci piaccia di più correre con un filo di vento piuttosto che in condizioni di aria immobile. Quando la temperatura dell’aria è più fredda di quella del nostro corpo, la dispersione è facile. I problemi cominciano quando, invece, la temperatura dell’aria è più calda di quella del corpo del runner, perché si farà più fatica a disperdere il calore.
Quando il caldo fa sul serio
Quando corriamo, dunque, la temperatura del corpo aumenta, facendo aumentare, di conseguenza, la produzione di sudore, che evapora attraverso la cute. Più alta sarà la quantità di acqua che c’è nell’aria (l’umidità) più difficile sarà l’evaporazione del sudore e quindi la dispersione del calore.
Ecco perché la sensazione di disagio è più forte ai 30-35° C, ma con elevata umidità, che caratterizzano l’estate dalle nostre parti, soprattutto nella pianura Padana, che non ai 40-45 ° c (ma a volte anche 50), ma dell’aria secca che si incontra ad esempio, nelle corse nel deserto.
Chi ha affrontato la corsa nel deserto non si stupisce più di arrivare al termine di una giornata di gara con la maglietta pressoché asciutta, mentre noi continuiamo a sentire una sensazione di bagnato a temperature un po’ più basse.