Mettiamo che una certa sera abbiate in programma una seduta impegnativa. È esperienza piuttosto comune quella di rendersi conto che l’allenamento è reso più difficile – e la prestazione meno soddisfacente – se è stato preceduto da una giornata lavorativa particolarmente pesante. Oppure dal fatto che avete appena litigato con il coniuge, i figli o i colleghi. In altre parole: un sovraccarico, che sia emotivo o cognitivo, influenza il rendimento del corpo.
Altrettanto consueta è l’esperienza opposta: tutti sappiamo per esperienza che, quando siamo stanchi fisicamente, il nostro rendimento mentale decresce. In realtà tutto diventa più comprensibile se utilizziamo un concetto scientifico piuttosto recente che Pietro Trabucchi ci spiega in modo dettagliato: il carico allostatico.
È possibile misurare il carico allostatico cui l’individuo è sottoposto attraverso sette indicatori:
1) pressione arteriosa sistolica e diastolica;
2) rapporto vita-fianchi, indice del metabolismo e dell’accumulo di grasso adiposo causato da una maggiore attività degli ormoni dello stress;
3) colesterolo Hdl e colesterolo totale (relativi allo sviluppo di aterosclerosi, il cui rischio viene segnalato per valori alti del colesterolo totale e bassi dell’Hdl);
4) livelli plasmatici di emoglobina glicata, una forma di emoglobina che consente il monitoraggio sul lungo termine del metabolismo del glucosio;
5) livelli plasmatici di Dhea-S, una sorta di antagonista degli ormoni dello stress;
6) cortisolo urinario. Come è noto il cortisolo è uno degli ormoni maggiormente implicati nelle risposte allo stress;
7) livelli urinari di epinefrina e norepinefrina, indici dell’attività del sistema nervoso autonomo.