Sul numero di Correre di dicembre appena approdato in edicola Luca De Ponti torna sull’argomento scarpe da corsa e plantari. Un tema sempre in primo piano tra le domande che vengono poste all’ortopedico dai podisti. Ecco alcune delle 10 domande e risposta che potranno chiarire ogni aspetto della questione.
1) Devo acquistare nuove scarpe e rifare i plantari. Da dove partire?
Un solo plantare può essere utilizzato in molte calzature nel corso del tempo, quindi è meglio partire da lì. Va poi considerato che chi usa questo supporto può in genere scegliere una scarpa più leggera, perché il controllo dell’appoggio del piede è in parte affidato all’ortesi stessa.
2) Uso da tempo scarpe da corsa e plantari affiancati. Devo sempre orientarmi verso i modelli neutri?
Questa domanda è un vero tormentone. Bisogna innanzitutto guardare alle caratteristiche della calzatura antipronazione. Se l’intersuola ha diverse portanze (con una parte più rigida dell’altra) c’è compatibilità con l’utilizzo del plantare. Se invece presenta delle espansioni mediali che ne rialzano medialmente lo scafo, queste potrebbero interferire con l’alloggiamento ottimale dell’ortesi che, invece di poggiare su un piano, potrebbe essere condizionata negativamente (di solito si alza troppo nella parte mediale, creando un’eccessiva pressione in corrispondenza della volta longitudinale mediale del piede). Non è quindi corretto generalizzare, si può solo affermare che le calzature di forma dritta si adattano meglio all’utilizzo di questi supporti correttivi.
3) Quanto durano?
Dipende dalla tecnologia e dai materiali utilizzati. Ci sono strutture che, pur conservando all’apparenza le caratteristiche originarie, tendono a perdere la memoria elastica e quindi a non rispondere più al meglio alle sollecitazioni. Anche i chilometri percorsi hanno la loro importanza: la durata in termini di tempo è ovviamente diversa se si percorrono 20 o 80 km alla settimana. Le portanze basse sono di solito esposte a una maggiore usura da schiacciamento. In chi utilizza quotidianamente il plantare anche per camminare (oltre che per correre) è consigliabile il rinnovo almeno ogni 18-24 mesi.
4) Possono anche correggere una diversa lunghezza delle gambe?
Nel momento in cui è indispensabile compensare una diversa lunghezza delle gambe (non entro nel merito di quando lo sia) il plantare è di certo il mezzo per eccellenza. È importante ricordare che alcune dismetrie degli arti inferiori possono essere dovute a uno dei due appoggi non corretto, che porta la gamba in questione a un accorciamento funzionale: in questi casi il miglioramento dell’appoggio stesso ristabilisce l’equilibrio della postura.
5) Il plantare può nel tempo migliorare il modo di correre?
La domanda posta in questo modo è imprecisa. Scarpe da corsa e plantari possono infatti ottimizzare l’appoggio del piede, quindi migliorarne la funzionalità, senza interferire sullo stile di corsa. La tipologia di movimento rimane dunque la stessa anche se viene razionalizzata la fase di appoggio, evitando eccessive intrarotazioni dell’asse tibiale. Nel momento in cui l’ortesi viene tolta si va verso il ripristino della situazione precedente, senza un effetto correttivo nel tempo. Rispetto ad alcuni anni fa si sta concretizzando l’uso del plantare non solo come rimedio a una patologia, ma anche come sussidio tecnico per ottimizzare il gesto motorio.
6) Come sceglierli?
Più che il plantare dovete selezionare bene chi lo progetta. Nonostante tutti i moderni mezzi computerizzati è molto frequente vedere realizzazioni in cui principi base della biomeccanica non vengono rispettati. Abbiamo già detto come le tecnologie Cad-Cam siano dal punto di vista progettuale le più affidabili, perché offrono i mezzi per arrivare a un ottimo prodotto. La tecnologia va abbinata a chi la conosce in relazione all’uso sportivo.
Le 10 domande complete su scarpe da corsa e plantari si trovano sul numero di Correre di dicembre 2020.
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