Rondelli e i falsi miti della maratona

Rondelli e i falsi miti della maratona

Foto 123rf

Ma chi l’ha detto? Che la maratona comincia al trentesimo chilometro, che i lunghissimi li devono fare tutti, che fartlek e ripetute corte non servono a chi prepara i 42,195 km. Lista di falsi miti della maratona, luoghi comuni duri a morire e di aggiornati e buoni consigli per chi prepara la distanza regina  

Il dialogo con un gruppo di amatori che ho seguito nella preparazione della Milano Marathon mi ha fatto capire come ci sia ancora bisogno di approfondire alcune tematiche. Sfatare anche alcuni luoghi comuni che stanno dietro una gara lunga e difficile come la maratona. Distanza che negli ultimi anni ha avuto una grande impennata per quanto riguarda la qualità degli allenamenti e la velocità che i migliori atleti riescono a mantenere in gara. Andiamo però in ordine, partendo da alcuni luoghi comuni da sempre espressione di verità bibliche. 

Hoka Maratona di Ravenna

La maratona inizia dopo il trentesimo chilometro? 

Chi l’ha detto? Dipende tutto dal grado di allenamento svolto nel periodo di preparazione e poi anche da come è stata condotta la prima parte di gara. È chiaro che, se si è mantenuta una velocità eccessiva rispetto alle proprie possibilità, al trentesimo chilometro è facile che si vada in crisi. Ad alto livello succede invece quasi sempre il contrario. I migliori aspettano spesso il passaggio ai 30 o ai 35 km prima di sferrare l’attacco vincente. 

Il ruolo dei lunghi e dei lunghissimi?

Un altro luogo comune, tra i falsi miti della maratona, è quello relativo al ruolo dei lunghi o lunghissimi che dir si voglia. Allenamenti certamente indispensabili, ma con molti “distinguo”. 

Il neofita

Per quel tipo di neofita della maratona il cui obiettivo principale sia quello di arrivare al traguardo senza badare troppo al tempo realizzato, ad esempio, fare allenamenti più lunghi di 20 o 25 km è un rischio che non vale la pena di correre. La possibilità di andare incontro a infortuni di vario tipo rimane infatti troppo elevata. Per lui arrivare in fondo ai 42,105 km sarà già una grande impresa. Non è forse meglio presentarsi il giorno della gara freschi sul piano muscolare e senza acciacchi di varia natura? Onde evitare che quella prima maratona si trasformi in un lungo calvario fisico e psicologico? 

Il maratoneta di alto livello

Situazione naturalmente opposta invece per chi prepara la maratona ad alto livello. In questo caso gli allenanenti lunghi e lunghissimi sono necessari. Ma fatti come? Qui la gamma delle opzioni è piuttosto ampia. Da bocciare per l’alto rischio di infortuni sono gli allenamenti di 30 o più chilometri condotti al ritmo di gara, soprattutto se effettuati due o tre settimane prima della maratona. Personalmente ne ho subito anch’io le conseguenze quasi 40 anni fa con Gianni Demadonna. Tre settimane prima di New York corse 30 km in 1:32’15” nell’ambito della prima edizione della maratona di Milano, senza poi essere in grado di recuperare lo stress muscolare per aver corso così a lungo a 3’04” al chilometro. Senza fare nomi e cognomi, anche qualche atleta azzurro è andato incontro alle stesse problematiche l’anno scorso facendo lunghissimi a ritmo gara a soli quindici giorni di distanza da una grande manifestazione. 

“Tempo run”, variati o alternati aerobici

A livello assoluto, riguardo gli allenamenti sui lunghi e lunghissimi, trovo che siano sedute ad hoc le cosiddette “tempo run”. In pratica si tratta di fondi medi prolungati nel tempo con cui gli atleti di medio-alto livello corrono anche una intera maratona, stando però distanti almeno una ventina di secondi dal ritmo gara di maratona. 

Una terza, valida opzione per atleti di medio e alto livello è rappresentata dai lunghi variati o alternati aerobici che dir si voglia. Di cosa si tratta? Di scegliere una velocità per la parte più lenta per poi inserire variazioni di velocità anche superiori al ritmo da mantenere in gara. Per questo tipo di seduta sono state messe a punto svariate opzioni. Mi permetto di segnalarne alcune:

• 30 km suddivisi in 5 blocchi di 6 km in cui i primi 4 km vengono corsi a un ritmo leggermente più lento di quello della maratona e i 2 km successivi a un ritmo leggermente più veloce di quello della maratona; 

• 30 km suddivisi in tre blocchi da 7 km + 3 km. 

Tecnicamente pregevole anche quello che io chiamo l’alternato aerobico con 30-32 km facendo un chilometro al ritmo del fondo medio e un chilometro leggermente più veloce del ritmo di gara della maratona. 

Falsi miti della maratona: il fartlek, questo sconosciuto. 

Un altro allenamento quanto mai qualificato per preparare la maratona è certamente il fartlek. Parola quasi sconosciuta a livello amatoriale. Oppure magari conosciuta ma messa da parte per estrema difficoltà di gestione. Quando la si propone ai neofiti o agli amatori le domande sono sempre le stesse. A che velocità devo andare nella parte lenta? A che ritmo devo correre la parte veloce? Vediamo di fare chiarezza. 

Per avere la dignità di fartlek la parte meno veloce dovrebbe essere almeno uguale al proprio fondo lento e la parte veloce almeno uguale al proprio fondo medio. Questo sul piano teorico. All’atto pratico, per i neofiti che già hanno difficoltà a terminare la maratona al ritmo del proprio fondo lento, il fartlek diventa una seduta improponibile. Per chi invece è in grado di eseguirla, le opzioni sono principalmente due.

Il fartlek di tipo americano

La velocità della parte più lenta e di quella veloce possono essere impostate a tavolino dell’allenatore con riscontri precisi nell’ambito dell’allenamento.

Alcuni esempi al riguardo: prendiamo una seduta di venti volte 1 minuto e 30 secondi medi e 1 minuto e 30 secondi veloci. Una runner di medio-alto livello dovrebbe coprire 800 metri per ogni mini-blocco di 3 minuti, con un totale finale di 16 km in 60 minuti, con una media generale quindi di 3’45”/kmCon lo stesso tipo di lavoro, un atleta maschio di medio livello dovrebbe invece coprire 900 metri in ogni mini-blocco di 3 minuti, con un totale finale di 18 km in 60 minuti, alla media generale di 3’20”/km. Lo stesso allenamento rapportato a un atleta di alto livello comporta il completamento di un chilometro per ogni mini-blocco di tre minuti, con un totale finale di 20 km in 60 minuti, alla media di 3’00”/km. 

Una variabile che ho trovato più semplice da realizzare anche con atleti più giovani o amatori di medio o basso livello, è quella di proporre un fartlek che dopo due o tre minuti di corsa media o lenta proponga una variazione veloce sino a completare ogni volta un chilometro.
Un esempio al riguardo potrebbe essere questo: dopo 2 minuti a 4’/km, cioè dopo 500 metri, si effettua una variazione di altri 500 metri a 3’45”/km; si prosegue poi nella stessa maniera ripartendo da 5’45”/km con obiettivo di arrivare emtro i 7’30” al secondo chilometro. E cosi di seguito sino a completare l’allenamento. 

Il fartlek keniota 

Tutta un’altra cosa è il fartlek keniota, che viene effettuato spesso su percorsi molto impegnativi e soprattutto in altitudine. In questo caso la velocità del recupero non è particolarmente elevata mentre la variazione veloce è molto intensa. Naturalmente si tratta di fare almeno 60 minuti di lavoro, se non più, alternando un minuto lento a un minuto molto veloce. 

Falsi miti della maratona: le prove ripetute 

Uno dei mantra di tutti i maratoneti sono le prove ripetute medie e lunghe, sia su strada sia in pista, tanto al ritmo maratona quanto su velocità superiori. Si va dai cavalli di battaglia degli anni 80 di Gelindo Bordin con i suoi 3 x 6-7 km corsi al ritmo di mezza maratona con un chilometro di recupero al ritmo maratona ai classici 2.000-1.200-1.000 m, che fanno quasi tutti gli atleti in possesso di una condizione atletica importante. Al di là delle singole velocità, che devono essere almeno eguali al ritmo di gara della maratona, le differenze stanno nella gestione del recupero. 

I campioni africani lo effettuano con un misto fra camminata e corsa lenta, dove “lenta” è parola relativa, visto che quegli atleti lavorano a velocità più elevate e in altitudine. Gli altri corridori, invece, il recupero lo effettuano di corsa (davvero) lenta, o a volte anche abbastanza impegnata. 

Le ripetute su distanze più corte, vedi i 400 o 500 m, si può dire invece che in pratica non esistano per il settore amatori. Anche in questo caso probabilmente con la convinzione, errata, che non servano per una gara lunga come la maratona, quando invece sono molto utili, oltre che sul piano fisiologico, anche per migliorare la meccanica di corsa.

Per la maratona arrivare a correre 25-30 prove di 400 m non deve certo spaventare nessuno. Anche ricordando che un certo Emil Zatopek, negli anni cinquanta del secolo scorso, era arrivato a fare anche 60 o 70 volte i 400 metri in una stessa seduta e con recupero attivo. Per questo venne soprannominato “la locomotiva umana” oltre che per il fatto che nel 1952, ai Giochi olimpiadi di Helsinki, dopo aver vinto l’oro sia sui 5000 sia nei 10.000, dominò anche la maratona facendo una sorta di passeggiata di salute.

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