Più chilometri = più allenamento, sintetizzano spesso i podisti. Ma in fisiologia i numeri vanno interpretati e non è detto che uno sconto chilometrico risulti nocivo alla preparazione. Ce ne parla in modo dettagliato Orlando Pizzolato nel numero di Correre di settembre.
Gli elementi che limitano le capacità prestative di un podista amatore, al di là delle caratteristiche fisiologiche genetiche, sono vari, in primis il tempo a disposizione per svolgere gli allenamenti. Come migliorare dunque scendendo a patti coi minuti contati?
Un podista amatore totalizza mediamente 40-60 km a settimana, suddividendo il carico in 4-5 sedute. La media di chilometri per ogni uscita si aggira quindi tra i 12 e i 15 km, una buona mole che implica un impegno medio di 60-75’. Questi dati sono però condizionati dall’allenamento della domenica, che rappresenta circa il 30% del chilometraggio dell’intera settimana.
Per un podista che percorre 60 km a settimana, infatti, quasi sempre 20 km sono concentrati in quell’unico giorno. Nelle altre sedute vengono suddivisi i restanti 30-40 km, abbassando la media a 10-13 km per uscita.
In un piano equilibrato di allenamento ci dovrebbero essere 2 sedute di carico (una la domenica e l’altra infrasettimanale) e 2-3 di scarico. Si tratta della corretta impostazione di allenamento che segue la gran parte degli amatori, ripartendo le sollecitazioni in modo bilanciato, così da favorire il recupero dopo aver svolto un allenamento stimolante. I progressi cronometrici e fisiologici nel tempo, però, si attenuano fino ad annullarsi, e si può persino verificare un calo di rendimento.
Quando però non si manifestano più progressi cronometrici, è necessario adeguare il carico di lavoro al nuovo livello prestativo. Va certamente bene correre di più la domenica, come va bene anche aumentare di un paio di chilometri le sedute infrasettimanali. Si tratta però di una sollecitazione che paga poco in termini di rendimento, perché la corsa lenta ha un blando effetto sulla reazione fisica.
Bisogna inserire stimoli più qualificanti. Le soluzioni tecniche utili per aumentare l’effetto allenante di una seduta non specifica sono: la progressione di ritmo, gli allunghi e le variazioni di ritmo. Queste varianti determinano un maggior affaticamento rispetto alla corsa blanda ed è probabile che quando affronterete la seduta dell’indomani non sarete ancora in condizioni fisiche perfette. Ricordate però che una seduta non è allenante solo se la si esegue con andature veloci. Un allenamento è efficace se determina sollecitazioni che alterano lo stato di base del corpo.
Per approfondite meglio questo argomento: Correre di settembre pagine 26-28