Sono partite in 38, si sono allenate per sei mesi e in 10 sono arrivate a correre la maratona di New York. Alcune di loro erano principianti, altre avevano un po’ di pratica nelle gambe, tutte condividevano lo stesso passato segnato dal tumore al seno.
Sono tornate dalla Grande Mela stringendo una medaglia che è l’orgoglioso simbolo di un enorme lavoro fatto su stesse. Per testimoniare che #NothingStopsPink, niente ferma le donne.
Nothing Stops Pink è il progetto firmato da Fondazione Umberto Veronesi e Rosa&Associati per promuovere il movimento e la corsa come forma di prevenzione al tumore.
Su Correre di gennaio abbiamo presentato l’iniziativa, sul numero di febbraio diamo parola alle protagoniste.
Il racconto della Pink Monica Covezzi
Mi chiamo Monica Covezzi, ho 52 anni e sono podista da poco tempo. Non sono mai stata sportiva e nel 2010 mi è stato diagnosticato un carcinoma mammario.
In meno di tre settimane sono stata operata, ho affrontato un percorso di cure di circa 18 mesi, portato avanti con tutta la positività di cui sono stata capace e dal supporto grandissimo di mio marito e mia figlia.
Nel 2012, dopo la malattia, coinvolta da un’amica, mi iscrivo ad una gara a scopo benefico. Non avevo mai corso e non mi era mai piaciuto, ma qualcosa è scattato in me: in tre mesi preparo per la mia prima 10 km, sette mesi dopo arrivo a correre una 15 km. Da allora non mi sono più fermata, complice l’amicizia nata con Alice, Laura, Miriam e Betta, mie socie di corsa.
D’obbligo il passaggio agli allenamenti di qualità anziché di quantità e qui l’incontro con il coach Andrea Gornati, che mi ha portato a correre la mia prima mezza maratona a Berlino. Doveva essere la prima e ultima. In realtà ho deciso di farne un’altra e in quei 21 km corsi da sola sotto la pioggia ho iniziato a pensare alla maratona. Siamo all’inizio del 2014, parlo con Andrea, non è da molto che corro ed è un progetto ambizioso, ma se ci rimbocchiamo le maniche ce la possiamo fare, io mi fido di lui e inizio ad allenarmi. La maratona prescelta è Valencia il 16 novembre 2014: iscritta.
Un giorno Angela, un’amica podista, anche lei malata di cancro mi dice di mandare una mail a Fondazione Umberto Veronesi raccontando la mia storia: in palio c’è la maratona di New York per lanciare un importante messaggio dalle donne operate di tumore al seno.
L’attività fisica, anche moderata, è una medicina preventiva e curativa di molte patologie. E i benefici sono ormai dimostrati anche nel caso di tumore al seno: un esercizio regolare aiuta a sostenere meglio gli effetti indesiderati delle cure e riduce il rischio di recidive.
Angela ed io partecipiamo alle selezioni del progetto #NothingStopsPink, veniamo scelte insieme ad altre 36 donne. Entusiaste del ruolo di “testimonial” di Fondazione Veronesi iniziamo gli allenamenti suddivise tra Milano e Brescia con due allenatori.
Il 1° agosto arrivata la mail con la convocazione: sono nel gruppo delle dieci donne che andranno a New York !
E’ finalmente arrivato il grande momento, siamo a New York da tre giorni, la mattina della gara la sveglia è alle 4. Arriviamo a Staten Island prestissimo e la nostra partenza è fissata per le 11, c’è un vento pazzesco!
Quando arriviamo in prossimità della partenza un colpo di cannone segna l’inizio della mia prima maratona!
Sul Ponte di Verrazzano il vento è molto forte, tutta la tensione accumulata nei giorni precedenti svanisce. La vista di Manhattan con la Statua della Libertà è meravigliosa e in un soffio il ponte è finito, si inizia a sentire il boato della gente, stiamo entrando a Brooklyn, il pubblico fa il tifo, ti chiama, la musica è altissima. Mentre corriamo sentiamo sempre più spesso il pubblico incitare: Nothing Stops Pink! Pink, Pink, Pink…Go Go Go!!! Loro hanno capito cosa significa il colore rosa della nostra maglietta…
Siamo in cinque riusciamo a correre insieme per parecchi km, poi devo rallentare e siccome non voglio intralciare le altre, dico loro di andare avanti. Sono riluttanti, lo spirito Pink è unico, sto bene devo solo rallentare un po’, riesco finalmente a convincerle.
Arrivo al Queensboro Bridge, il silenzio mi avvolge, un nodo mi prende la gola e le gambe si bloccano, riesco solo a camminare e piango, piango per tutta la lunghezza del ponte.
E’ un mix di emozioni, gioia, dolore e rabbia, butto fuori tutto! Su quel ponte ho lasciato tutto quello che non volevo più, ho lasciato i pensieri brutti legati alla malattia, le difficoltà di ristabilire una vita normale, ho provato la gioia di guardare avanti, senza tralasciare nulla di quello che il futuro ha scritto per me.
Sono alla fine del ponte, in sottofondo si sente il boato del pubblico, le gambe ricominciano a correre. Il pubblico è sempre lì, ti aiuta, ti spinge avanti. Miglio dopo miglio arrivo a Columbus Circus. Ci siamo quasi, so che sono poche centinaia di metri ma sembrano non finire mai. L’ultima salita e vedo il traguardo, lo attraverso, esulto, non piango, sono felicissima e come avevo detto il giorno della convocazione: New York sarà il mio traguardo, dopodiché volterò pagina e andrò oltre!.
Torno in albergo avvolta nel poncho blu da finisher con la medaglia al collo, mi godo le “congratulation” dei passanti e so che sto andando oltre.
Ecco, questa è stata la mia New York City Marathon.
E Valencia? Il 16 novembre sono andata anche lì .. Finita!
Un’esperienza fantastica e diversa, che mi sono goduta dal primo passo all’ultimo, solo per il piacere di correre e dimostrare a me stessa ancora una volta che ce la potevo fare!
Come testimonial, mi auguro che il progetto #NothingStopsPink possa essere il punto di partenza per tante donne che stanno combattendo la malattia, spero che la nostra esperienza dia loro la forza e l’aiuto necessario per guardare avanti.
Per me la partecipazione a questo progetto è stata un’esperienza indescrivibile. Durante questi mesi di condivisione con le altre Pink – ormai ci chiamiamo così – ho ricevuto tantissimo, indistintamente da chi ha potuto arrivare a New York e da chi ci ha seguito da casa facendo un tifo incredibile.
#NothingStopsPink niente ferma il rosa, niente ferma le donne!