Sono partite in 38, si sono allenate per sei mesi e in 10 sono arrivate a correre la maratona di New York. Alcune di loro erano principianti, altre avevano un po’ di pratica nelle gambe, tutte condividevano lo stesso passato segnato dal tumore al seno.
Sono tornate dalla Grande Mela stringendo una medaglia che è l’orgoglioso simbolo di un enorme lavoro fatto su stesse. Per testimoniare che #NothingStopsPink, niente ferma le donne.
Nothing Stops Pink è il progetto firmato da Fondazione Umberto Veronesi e Rosa&Associati per promuovere il movimento e la corsa come forma di prevenzione al tumore.
Su Correre di gennaio abbiamo presentato l’iniziativa, sul numero di febbraio diamo parola alle protagoniste.
Il racconto della Pink Laura Boldrini
Correre la maratona di New York? Proprio io che non ho mai fatto sport?
No, ma figurati, intanto comincio ad allenarmi e poi si vedrà. Mi sono appassionata al progetto Nothing stops Pink e ci ho creduto.
Quando sono arrivata a New York mi è venuta la febbre. In molti, io per prima, pensavano che non ce l’avrei fatta. Invece no, ci sono riuscita, ho tagliato quel traguardo!
Sono partita tra gli ultimi con Manuela e Natalina. Iniziamo a correre, ma sul ponte di Verrazzano tira un vento fortissimo e rallentiamo, quando arriviamo a Brooklyn la folla inizia ad incitarci e sarà così per tutto il percorso.
“Go ladies” “Nothing stops pink” che emozione lasciarsi trasportare dalle urla di tante persone!
Corri tra la gente e nello stesso tempo all’interno di te stessa attraversando tutta la gamma dei sentimenti umani: la paura, l’entusiasmo, la rabbia, la gioia, l’allegria, il ricordo di persone che non ci sono più, lo scoramento, l’autostima, la grinta, il dolore fisico.
Ho affrontato la gara senza mai pensare ai tempi perché sapevo che per me non era quello l’importante, mi sono vissuta intensamente ogni attimo, ho ballato, cantato, scattato fotografie, stretto mani.
Dovevo però riuscire a finirla e più macinavo i km e più mi convincevo che sarei arrivata fino in fondo.
Quando entriamo in Central Park è buio, ma abbiamo la consapevolezza di essere ormai alla meta, intravedo il traguardo: un ultimo sforzo, passo la linea del finish, alzo le braccia al cielo e mi sciolgo in un pianto liberatorio.
Era il mio riscatto sul cancro, voltare pagina di un capitolo doloroso e faticoso della mia vita che mi auguro chiuso per sempre. Ci sono riuscita, sono contenta e orgogliosa di me!