Finita questa pagina, la stampa può partire. Quello che si scrive qui è troppo tardi perché possa essere contestato.
Così, posso scrivere anche di Orlando Pizzolato a sua insaputa, condizione simbolo del nostro tempo irresponsabile.
Posso ricordare al lettore che quest’anno cadono i trent’anni dal 28 ottobre 1984, quando un italiano sconosciuto ai più d’America e d’Italia, lui, vinse la maratona di New York. Sconosciuto, sì: arrivò a New York e scoprì che l’organizzazione si era dimenticata di iscriverlo. Gli diedero il primo pettorale libero tra quelli a bassa numerazione, il numero 100. Sconosciuto e con un cognome difficile da pronunciare per chi era abituato alle vittorie casalinghe di Bill Rodgers (quattro, dal 1976 al 1979) e Alberto Salazar (tre, dal 1980 al 1982): in sala stampa i giornalisti chiedevano a Gianni Merlo, inviato de La Gazzetta dello Sport, «Pizzo… what?».
Non era la prima volta di un italiano bravo nella corsa della Grande mela: nel 1978 Marco Marchei si era classificato quarto e Franco Ambrosioni nono; nel 1981 era poi entrata in scena Laura Fogli, che dopo due consecutivi quarti posti e la seconda posizione nel 1983 (con Alba Milana quarta), prima delle sue sei volte sul podio, arrivò terza in quel 1984 in cui Rita Marchisio si classificò nona e Gianni Demadonna quinto.
E non erano, gli atleti, gli unici italiani a farsi notare e apprezzare nella capitale mondiale delle opportunità: in collaborazione con Correre, dal 1982, Antonio Baldisserotto aveva cominciato a proporre il viaggio-maratona: in qualche casa di uno dei lettori più remoti di questa rivista, sottocategoria “non butto via niente”, ci sarà ancora uno zainetto “Correre con Worbas”. La maratona, quindi, non era una novità assoluta, ma quella sera la notizia entrò nei telegiornali, che erano già tanti, e quindi nelle case degli italiani.
Quelli di questa estate sono stati mesi di ricorrenze legate alla corsa: gli 80 anni di Luciano Gigliotti, i trenta della prima gara di Triathlon in Italia e degli ori azzurri di Los Angeles, i dieci dall’oro olimpico di Stefano Baldini. Li ho attraversati collezionando dichiarazioni di paternità: ci sono molte teorie in giro su chi e cosa avrebbe dato origine all’attuale esplosione del fenomeno running. Io non ne ho una mia, non avendo ancora finito di conoscere la materia. Mi limito a sottolineare altri due episodi della carriera di Orlando: 1996, Gazzetta dello Sportivo (allegato del venerdì a La Gazzetta dello Sport), la prima uscita del programma per cominciare a correre; 1995, maratona di Carpi, la Rai comincia a utilizzare un commentatore in bici. Due episodi che accendono un canale di comunicazione prima evitato: un atleta professionista che rende il suo sapere di vita disponibile agli appassionati.