Dolore anca dopo la corsa: ecco come evitare problemi

Dolore anca dopo la corsa: ecco come evitare problemi

Una delle verifiche inevitabili dopo anni di corsa riguarda la funzionalità e l’efficienza dell’articolazione dell’anca. Se essa gode di buona salute avremo infatti un lasciapassare per tanti altri anni di attività, se ci sono dei segni evidenti di usura è bene capire come comportarsi. In ogni caso è importante stabilire se il dolore deriva dall’articolazione dell’anca o dalle strutture muscolo tendinee limitrofe, spesso infatti il responsabile del dolore anca dopo la corsa è – ad esempio – il tensore della fascia lata.

Il ruolo dell’anca

L’anca, ovvero l’articolazione coxo-femorale, è l’importante anello che garantisce la continuità tra l’arto inferiore e il bacino e costituisce un punto nodale nella trasmissione delle forze ascendenti legate al gesto motorio della corsa. la flessoestensione della coscia rispetto al bacino, l’adduzione, l’abduzione, nonché l’extra e l’intrarotazione dell’arto inferiore sono consentite proprio da questa articolazione della parte prossimale del femore.

La mobilità dell’anca, in relazione allo specifico movimento della corsa, è legata poi all’efficienza delle articolazioni sacro-iliache, che permettono la mobilità tra il rachide e il bacino consentendo a quest’ultimo di oscillare sul piano orizzontale e di mantenere allo stesso tempo la schiena diritta.

Dolore anca la dopo corsa: fattori di rischio e degenerazione

Il carico e le forze in gioco durante l’esercizio fisico sono trasmessi dall’arto inferiore alla schiena attraverso
l’articolazione dell’anca: dobbiamo allora considerarne il delicato equilibrio funzionale. A questo equilibrio sono legati elementi che definirei
microtraumatizzanti, perché il loro effetto negativo può rendersi evidente solo nel tempo:

  • eccesso di peso;
  • dismetrie degli arti inferiori (una gamba più lunga dell’altra);
  • dismetrie funzionali degli arti inferiori quando l’appoggio di uno dei due piedi non è regolare, come nel caso del piede piatto;
  • dimorfismi, ovvero alterazioni anatomiche della testa del femore in relazione al cotile (la parte del bacino che si articola con il femore);
  • scoliosi primarie, quindi non dipendenti dalla lunghezza degli arti inferiori;
  • marcate ipotonie muscolari monolaterali;
  • carico allenante esasperato.

Semplici radiografie possono essere già sufficienti per avere un quadro indicativo dell’articolazione e della condizione delle cartilagini di rivestimento,anche se quest’ultima condizione è dedotta indirettamente.

Running e artrosi

Laddove sono evidenti dei fenomeni involutivi dell’articolazione la corsa può essere vista come un’esercitazione tecnica di mobilità.
È da dimostrare che il running possa provocare dolore all’anca dopo la corsa se non vi è già una predisposizione anatomo-funzionale, quindi è anche possibile un’evoluzione artrosica peggiore senza l’esercizio fisico.
In presenza di un’articolazione compromessa è comunque consigliabile evitare un allenamento alla corsa sistematico. In questi casi un piano razionale prevede molti esercizi di stretching e mobilità articolare mentre il mantenimento delle caratteristiche aerobiche può essere affidato al nuoto e alla bicicletta.
La corsa può rimanere un impegno estemporaneo, settimanale, inteso come impegno tecnico e non eccessivamente ripetitivo come avviene affrontando le lunghe distanze.

Dolore anca dopo corsa: non sempre è l’articolazione

Il tensore della fascia lata è un muscolo accessorio della coscia. Viene utilizzato nella fase di spinta dell’arto di carico durante la corsa e, con il suo stiramento, si oppone a un’eccessiva intrarotazione del femore. Sue situazioni infiammatorie possono impedire o limitare l’allenamento. Può infatti succedere che situazioni tendenti a esasperare l’intrarotazione del femore, come la corsa in discesa ad alta velocità, l’esecuzione ripetuta di curve a stretto raggio o esercitazioni tecniche con repentini cambi di direzione possano inficiare delicati equilibri anatomici. Di qui l’infiammazione in corrispondenza dell’anca, non in sede articolare, ma più superficialmente in corrispondenza del grande trocantere (una sporgenza ossea del femore, di forma quadrangolare, palpabile sulla superficie laterale dell’anca, ndr).

L’origine della sofferenza

Nel caso specifico è importante stabilire se il dolore deriva dall’articolazione dell’anca o dalle strutture muscolo tendinee limitrofe. Quando è interessato il tensore della fascia lata la mobilità dell’anca stessa è assolutamente normale, pur potendosi intensificare il dolore locale. Una modesta sofferenza può essere anche evocabile alla palpazione profonda ed è spesso apprezzabile una leggera deformità anatomica confrontando il profilo del fianco interessato con il controlaterale.

L’esame ecografico e funzionale

L’esame ecotomografico può evidenziare una diffusa sofferenza con un muscolo ipoecogeno (che produce cioè pochi echi durante l’analisi a ultrasuoni, ndr) nel suo ventre. Ciò avviene per un consistente infarcimento edematoso e un ispessimento della sua forma. Talvolta sono presenti borsiti associate. La porzione tendinea dell’inserzione prossimale può manifestare segni di sofferenza, con calcificazioni in corrispondenza della spina iliaca anteriore.

Questo aspetto è valutabile meglio con radiografie, comunque opportune nell’ambito di un’indagine completa dell’articolazione dell’anca. L’esame funzionale evidenzia di solito una negatività delle manovre di intra ed extra rotazione. Lo stiramento muscolare all’estensione massima dell’arto intraruotato può in genere evocare dolore, di solito modesto, mentre l’associazione del gesto eccentrico tipico della corsa tende ad amplificarlo.

Dolore anca dopo corsa: come si cura

La sofferenza muscolare può trarre particolare beneficio dal riposo in relazione al tipico movimento eccentrico della corsa. Altre attività, come il nuoto e la bicicletta, creano un minore stress del muscolo in questione e possono sostituirsi alla corsa per quanto riguarda il mantenimento della forma aerobica. Vanno conservate le caratteristiche elastiche del muscolo con costanti esercitazioni di stretching svolte in modo soft. La posizione più efficace è quella in adduzione a gamba completamente estesa (esercizio eseguibile in piedi) e in intrarotazione a gamba semiflessa (meglio da seduti).

A livello muscolare possono essere messe in atto cure per incrementare la portata del microcircolo locale come laserterapia, ipertermia, tecarterapia: anche l’opera manuale del terapista stesso può essere importante per detendere la struttura muscolo tendinea in questione.

I farmaci antinfiammatori sono da prendere in considerazione solo occasionalmente per contenere situazioni di sovraccarico mentre è auspicabile una remissione spontanea del dolore.

La ripresa dell’attività

Si tratta di un momento delicato, che va gestito con sensibilità e oculatezza. Prima di correre è opportuno preparare le sedi della sofferenza pregressa con gli esercizi di stretching sopra ricordati. Quindici minuti di allungamento sono sufficienti per ridare elasticità a queste strutture muscolo tendinee. Meglio ricominciare su un tappeto erboso, dove il momento eccentrico viene in parte smorzato dalla tipologia della superficie di appoggio. Nelle prime sedute è meglio contenere il chilometraggio, indipendentemente dall’assenza di dolore locale. Anche la velocità va aumentata in modo progressivo, cercando di eseguire l’esercizio con estrema decontrazione. Per qualche mese saranno infine da evitare le discese. 

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