Karl Egloff, una vita in alta quota

Karl Egloff, una vita in alta quota

04 Ottobre, 2015

Per il primo appuntamento, sono andati a correre insieme in un parco di Quito. Qualche mese dopo sono saliti insieme sul Kilimangiaro mentre, per chiedere ad Adriana di sposarlo, l’ha portata in cima all’Aconcagua, la vetta più alta dell’intero Sud America con i suoi 6.962 m.
Basta la sintesi del corteggiamento alla sua futura moglie per capire quanto la montagna e la corsa siano parte integrante della vita di Karl Egloff, ne scandiscano le giornate e ne colorino i sogni.

In poco più di un anno Egloff è diventato il nome nuovo dello skyrunning, il fenomeno capace di demolire i record di Kilian Jornet. E tutti a chiedersi: ma da dove arriva? Dall’Ecuador, anche se a guardarlo, con i capelli biondi e la pelle chiara, non si direbbe. «Mio padre è svizzero, mentre mia madre è ecuadoriana – spiega Karl, destreggiandosi agilmente dallo spagnolo all’inglese, passando per tedesco e francese, con la stessa agilità che ha quando scende lungo una pietraia scoscesa – Sono cresciuto a Quito sino a che, dopo la morte di mia madre, io e le mie sorelle ci siamo trasferiti a studiare a Zurigo.».

La passione per la montagna gli è stata trasmessa dal padre, con cui ha cominciato a fare le prime uscite sin da bambino per passare a vere e proprie ascensioni alpinistiche intorno ai 15 anni. «Poi ho avuto anche l’opportunità di affinare la mia tecnica quando ero in Svizzera, facendo il servizio militare nelle truppe alpine – racconta Egloff, che ora ha 34 anni –. Da ragazzo però nella mia testa c’era solo il calcio: giocavo nelle giovanili del Grasshopper e sognavo una carriera da calciatore, ma poi tra liceo e università ho mollato il pallone.»

Quando parla di Jornet, Karl non fa riferimento a un rivale, ma quasi a un nuovo amico. «Prima di salire sul Kilimangiaro non sapevo neppure chi fosse, ho dovuto cercare su Google il suo nome per avere qualche informazione. Quest’estate invece abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci e di salire insieme sul Monte Bianco: è stata una bella esperienza e in futuro potremmo anche pensare di fare qualcosa insieme, magari sull’Everest o sul Monte Elbrus, in Caucaso.»

L’intervista completa a Karl Egloff, a cura di Andrea Schiavon, su Correre di ottobre.

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