Un aspetto psicologico da rinforzare nei runner principianti (e non solo) riguarda il rapporto con la fatica. Spesso il debuttante, la persona che non ha consuetudine con l’attività fisica, considera la prospettiva della fatica con un misto di paura e di apprensione. Questo può scoraggiare, fare perdere motivazione e rendere rinunciatari.
Questo tipo di reazione non dovrebbe stupirci: al giorno d’oggi (nei paesi industrializzati) è tecnicamente possibile vivere un’intera esistenza sottraendosi a qualsiasi esperienza intensa di fatica. Ovvio che molti non ne abbiano alcuna familiarità. In questi casi, lo sport può diventare la prima e unica possibilità di riappropriarsi di quest’area di consapevolezza.
Siamo lontani dall’epoca in cui non c’era bisogno di praticare attività fisica per conoscere a fondo la fatica; a questo proposito è significativa la testimonianza di Marco Olmo, plurivincitore della Marathon Des Sables e dominatore di tante gare lunghissime in montagna, oggi non proprio giovanissimo: «Se ho fatto sport da giovane? Non ne ho avuto bisogno! Abitavo a un’ora e mezza di cammino dalla scuola e finita quella andavo al pascolo. Poi andavo a fare i fieni e qualcuno puntualmente dimenticava la corda a casa e dovevi tornare a prenderla… non c’era bisogno di andare in palestra, per stare in forma!».
Come approcciare la fatica?
Innanzitutto conoscendola meglio per quello che è realmente. In questo viaggio alla scoperta della fatica ci accompagna, su Correre di marzo, lo psicologo dello sport Pietro Trabucchi.
Familiarizzare con le sensazioni di affaticamento, con i nostri segnali interni, non è semplice a farsi come a dirsi. Cosa vuol dire? Come si fa? Se è un problema di esperienza, che differenza passa nell’approccio alla fatica tra un atleta esperto e un novizio? C’è diversità nella loro percezione della fatica? La risposta è sì.
Ciò che differenzia gli esperti dai principianti è la migliore capacità di interpretazione dei segnali interni di affaticamento, di sapersi fidare di essi. E di minimizzare le interferenze emotive con la percezione della fatica.
Ecco 5 consigli pratici per non lasciarsi sopraffare dal timore della fatica:
1. occorre familiarizzare con la fatica in modo diretto, cioè permettendosi di lasciare spesso a casa cardio, cronometro, GPS;
2. serve abituarsi ad ascoltare i segnali interni del corpo e in particolare la differenza tra i vari livelli di intensità dello sforzo;
3. non spaventarsi quando si sta facendo fatica in modo superiore alle aspettative, ma abituarsi a reagire in modo emotivamente tranquillo;
4. verificare ed eliminare preventivamente aspettative pericolose, del tipo “non farò nessuna fatica”;
5. cercare di vedere la capacità di raggiungere livelli di intensità sempre più elevati come una conquista, non come una maledizione.