Dopo la Russia, toccherà alle grandi patrie del mezzofondo, Kenya ed Etiopia, finire nel mirino della Wada, assieme alla Turchia. Lo ha annunciato ieri Dick Pound, capo della commissione Wada che ha redatto il dossier che incrimina la Russia fino ai propri vertici politici.
In parallelo, l’Interpol indaga sulla Iaaf, per scoprire con quali modalità la federatletica internazionale abbia coperto il doping degli atleti russi e a quale prezzo.
Sul Corriere della Sera di oggi, mercoledì 11 novembre, Marco Bonarrigo ricorda che è opinione di Guido Rispoli, procuratore a Bolzano, che l’inchiesta Wada possa essere partita dai documenti che, nell’ambito del caso Schwazer, vennero sequestrati a Giuseppe Fischetto, all’epoca dei fatti responsabile sanitario Fidal.
Tra le e-mail del medico federale emerge una fitta corrispondenza tra Gabriel Dolle, capo medico Iaaf, arrestato di recente a Nizza, i responsabili della Rusada (agenzia antidoping russa) e lo stesso Fischetto. Il sospetto è che quando la Rusada veniva incaricata di gestire i controlli antidoping delle manifestazioni internazionali, i campioni biologici degli atleti sottoposti a controllo venissero analizzati e distrutti in un laboratorio parallelo a quello ufficiale.
Sull’ipotesi di un Kenya devastato dal doping è intervenuto anche Gabriele Rosa, che ieri, a Milano, ha presentato la venticinquesima edizione del Discovery Kenya (dal 28 gennaio al 7 febbraio), la festa del cross che ogni anno, a Eldoret, permette a migliaia di bambini, bambine, ragazzi e ragazze di scoprire, divertendosi, il proprio talento per la corsa.
«Dalla mia esperienza – ha dichiarato il medico-allenatore bresciano – mi sento di escludere che in Kenya possa esistere un “doping di stato” simile a quello che sta emergendo in questi giorni a proposito della Russia. La federatletica keniana non avrebbe avuto nemmeno i mezzi economici per poterlo applicare. Quello che temo è che molti giovani di talento, privi di una guida, si siano lasciati convincere a ricorrere al doping da medici e farmacisti senza scrupoli, il più delle volte europei, che hanno cominciato a frequentare il Kenya negli ultimi cinque anni, fiutando il business collegato al doping. Ho appena parlato con Paul Tergat, che si trova a Londra, impegnato in una commissione CIO: gli atleti come lui, che hanno sempre corso pulito e sono la stragrande maggioranza, sono profondamente preoccupati».
Rosa ha infine ricordato che la Federazione keniana è stata costretta a scusarsi e a revocare la sospensione inflitta al figlio Federico, manager degli atleti della Rosa&Associati, a seguito della squalifica per doping della maratoneta Rita Jeptoo. «Si è trattato di un gioco politico: il presidente della Federazione Isaac Kiplagat voleva dimostrare di lottare contro il doping per meritarsi la carica di vice-presidente Iaaf nelle imminenti elezioni. Colpire noi gli avrebbe garantito grande visibilità, perché in Kenya siamo il gruppo più forte».