Come correre il lungo (non solo per maratoneti)

Come correre il lungo (non solo per maratoneti)

La doppietta

E infine, a volte succede che non c’è il tempo per sostenere in un’unica uscita il chilometraggio programmato, e non poterlo completare lascia un po’ di “amaro in bocca” e anche la sensazione di incompletezza che accende il pensiero su una probabile alternativa: è possibile suddividere il chilometraggio in due uscite?
Certamente, soprattutto se non c’è scelta. In queste circostanze è vantaggioso che tra le due uscite il recupero sia minimo, in modo che le sollecitazioni della prima seduta non vengano assorbite completamente. Ideale sarebbe poter “doppiare” nella stessa giornata: 50% del carico al mattino, 50% otto ore dopo.

Ancora efficace è lo stimolo se l’intervallo massimo è di quindici ore: ad esempio 50% sabato pomeriggio e il resto domenica mattina. In questo caso però, come quando l’intervallo tra le due uscite è superiore a quindici ore, il carico chilometrico dovrebbe aumentare.

Ad esempio, piuttosto che correre 18 km sabato pomeriggio e 18 km domenica mattina, sarebbe necessario allungare un po’ (2-4 km) entrambe le frazioni.

Il doppio lungo ravvicinato è indicato ai podisti che preparano le ultra e hanno difficoltà di tempo, oltre che di autonomia fisica e mentale. Con la “doppietta” si riesce a percorrere più chilometri rispetto a un’unica uscita e la sollecitazione non viene annacquata dal riposo: andare a correre, percorrendo 25-30 km dopo che il giorno prima se n’erano percorsi altrettanti, non è proprio agevole. Pur avendo riposato la notte, i muscoli non smaltiscono lo stress meccanico in così poco tempo.
Il segno clinico evidente è dato dal picco del CPK (l’enzima della stanchezza muscolare), che raggiunge l’apice 36 ore dopo la fine dello sforzo.


In conclusione: non si deve entrare nel vortice della “sindrome di Forrest Gump”, ma correre a lungo non fa (quasi) mai male.

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