Walking, allenarsi al buio

Walking, allenarsi al buio

Foto 123rf

Curve e cambi di pendenza

Facciamo un esempio: il giro del quartiere o del parco che si fa abitualmente potrebbe presentare cambi di pendenza, curve strette sempre nello stesso senso, mentre nel senso opposto saranno magari più ampie. Queste situazioni quasi sempre vengono affrontate in automatico, senza pensarci, soprattutto i cambi di pendenza che alla fine vengono gestiti un po’ “al risparmio”. Siccome so esattamente che quel tratto avrà un cambio di pendenza arriverò lì “risparmiando” qualcosa in quello precedente e questo inevitabilmente creerà, in parole semplici, un disagio fisico minore, che si traduce in un carico di allenamento meno efficace.

Le curve a raggio molto chiuso, come svoltare l’angolo di un palazzo, ci portano a rompere il ritmo e possono essere sfruttate per imprimere un’accelerazione importante proprio appena girato l’angolo, magari nei 10 passi successivi o sino al primo lampione, così da creare disomogeneità nel lavoro cardiorespiratorio sfruttando lo scompenso dei nostri piani mentali acquisiti nel tempo con la ripetizione dello stesso modello di variazione. 

Rompere gli schemi per allenarsi al buio

Di fatto, questi due esempi sono l’attuazione concreta di quel tipo di allenamento che è il fartlek (il gioco delle velocità). Nato nella prima metà del ’900 dalla fantasia dello svedese Gösta Holmer, prevede che il carico dell’allenamento stesso non sia gestito da un cronometro ma dipenda dal caso e dalle variazioni del percorso su cui ci si muove. Il fartlek detta i tempi di incremento e decremento della velocità mantenendo come base il ritmo target a cui si allena abitualmente.

Questa tipologia di variazioni è molto allenante e soprattutto rompe gli schemi distanza/tempo che governano abitualmente l’allenamento. Se ci si mette in gioco, nessuno potrà negare che l’uscita risulterà sì più affaticante ma sarà anche più produttiva e gratificante.

Va detto che questi cambiamenti di andatura casuali hanno lo scopo di tenere sveglio il nostro “motore” e che non sostituiscono altre tipologie di allenamento. Come ad esempio le prove ripetute su distanze corte che rispondono ad altri obiettivi, normalmente meno legati all’allenamento del camminatore anche se evoluto. 

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