È un po’ come ai tempi del “Rischiatutto”, quando Mike Buongiorno chiedeva al concorrente: «Che busta vuole? La “uno”, la “due” o la “tre”?». Le “buste” di una possibile intervista a Stefano Baldini sono ancora di più: c’è quella da campione olimpico, quella da allenatore, quella da commentatore televisivo, quella da testimonial, quella da autore di libri, ma poiché è da più di tre anni che su sulle pagine di Correre presentiamo “Giovani leoni” del mezzofondo, nel numero di gennaio Daniele Menarini ha ritenuto opportuno scegliere la busta da Direttore tecnico giovanile della Federazione italiana di atletica leggera. Appunti, più che un bilancio. Spunti di riflessione.
Parliamo nello specifico di mezzofondo e fondo: in questo quadriennio olimpico che va verso l’epilogo, ci sembra che il settore giovanile abbia mostrato una diffusa vivacità, dalla quale sono emerse, indipendentemente dalla categoria, “personalità” come, ad esempio, Yohannes Chiappinelli, Yemaneberhan Crippa, Federica Del Buono, Marta Zenoni e Nicole Svetlana Reina. Chi altri?
«Completo il quadro aggiungendo, almeno, Lorenzo Dini e Pietro Riva. A proposito di Riva, porto il suo tecnico, Alessandro Perrone, quale esempio di come dovrebbe funzionare il rapporto tra la struttura tecnica federale e l’allenatore di un atleta, soprattutto di un giovane: collaborazione, condivisione delle informazioni e della programmazione, comune voglia di migliorare. Dietro la crescita tecnica e psicologica che lo ha portato, quest’estate, a conquistare il titolo europeo Juniores nei 10.000 metri c’è anche questo aspetto.»
Tra gli allenatori c’è qualche sorpresa, qualche nome nuovo o sono sempre gli stessi a lavorare sul campo?
«Nel 2015 l’attività del “Talento federale” ha visto il coinvolgimento di 270 atleti e 250 allenatori. Tra questi, i giovani sono parecchi. È la passione che ci porta a provare la trasformazione da atleta in tecnico. Sono anche tanti, però, quelli che emigrano verso discipline che permettono di vivere del mestiere di allenatore, ed è un patrimonio che si perde. Penso, ad esempio, a Marco Mencarelli, ad Andrea Nuti.»
Una domanda di una sola parola: scuola…
«… Una risposta di una sola parola: assente. Tutto si esaurisce nell’organizzazione della finale degli Studenteschi, sempre all’ultimo minuto, sempre con “problemi di comunicazione con il Ministero”. Crudele il confronto con il passato: fino agli anni ’80, lo sport italiano, nel complesso delle discipline olimpiche che fanno capo al Coni, poteva contare sul “distacco” di circa 200 insegnanti di educazione fisica, che lavoravano a tempo pieno nelle federazioni sportive conservando il proprio posto da “insegnante di ruolo”. Oggi se ne contano 30 in tutto il mondo dello sport, e tutti impiegati sull’alto livello.»
E a proposito di scuola, tra i modelli che l’estero propone è inevitabile pensare agli Stati Uniti, anche alla luce delle tante nostre “Scarpette in fuga”.
«È un modello buono, ma non ottimale. È pensato per far raggiungere la piena maturità atletica a 23-24 anni, il limite anagrafico della vita universitaria che giustifica la presenza dell’atleta al college. Offrono molto, anche economicamente, oltre che come opportunità per costruirsi un futuro. Inevitabilmente chiedono anche molto. La diciamo senza giri di parole? Ti spremono come un limone.
L’intervista completa a Stefano Baldini la trovate su Correre di gennaio.