In caso di infortunio: da chi farsi mettere le mani addosso?

In caso di infortunio: da chi farsi mettere le mani addosso?

Foto Michele Tusino

In seguito a un infortunio, il più delle volte, oltre al danno, si ha la beffa di perdersi nell’infinito mercato di proposte riabilitative. Con l’ansia di tornare al più presto quelli di prima o avvicinarsi il più possibile alla condizione pre-infortunio, ci ritroviamo una gran confusione in testa. Le figure professionali a cui ci si può rivolgere sono molte e spesso non sono ben chiare né definite le sfere di competenza, per cui il fisioterapista, nella percezione più diffusa, viene ridotto a un esperto di massaggi e il chiropratico a “quello che manipola le ossa facendole schioccare”. Nella confusione di ruoli e funzioni si perde tempo e il pieno recupero della condizione intanto si allontana.

Le professioni

Vediamo ora nel dettaglio le figure professionali che si occupano di riabilitazione. Ci occuperemo prima di quelle riconosciute dal Servizio Sanitario Nazionale (ortopedico, fisiatra e fisioterapista) per poi allargare il panorama alle altre forme di possibile aiuto. Capire le differenze che intercorrono ci aiuterà a scegliere a chi rivolgerci in base alla nostra specifica condizione.

In caso di infortunio: l’ortopedico

L’ortopedia è una branca chirurgica che si occupa dell’apparato che permette il movimento, cioè di ossa, articolazioni, legamenti, muscoli, tendini e nervi. Per diventare ortopedici è necessaria la laurea in medicina seguita da cinque anni di specializzazione e, in quanto medici a tutti gli effetti, gli ortopedici possono prescrivere farmaci ed esami diagnostici come la TAC o la risonanza magnetica. Il parere di un ortopedico è consigliato in caso di trauma improvviso e importante o se non si risolve il problema in altro modo, cioè con farmaci antinfiammatori, analgesici e riposo. L’ortopedico riceve sia in regime privato sia in regime ospedaliero.

In caso di infortunio: il fisiatra

Anche il fisiatra, come l’ortopedico, è un medico, o meglio, un medico specializzato che dopo la laurea in medicina prosegue gli studi per altri quattro anni con la differenza, però, che non è chirurgo. Lavora principalmente nelle strutture per post-acuti, dove vengono trasferiti i pazienti stabilizzati, quei pazienti, cioè, che dopo un intervento o un ricovero per guarire da una certa patologia, prima di tornare a casa hanno bisogno di un ulteriore ricovero, questa volta riabilitativo, per essere di nuovo in grado si svolgere la vita di tutti i giorni. E’ il limbo dove una équipe, tra cui il fisiatra, si occupa di tutti gli apparati e vede come questi rispondono nel tempo trattando gli aspetti della disabilità a tutto tondo. Può prescrivere gli ausili come la carrozzina, le stampelle o i tutori, rimborsabili a livello sanitario nazionale.

In caso di infortunio: il fisioterapista

Ѐ dal 2001 che esiste la laurea in fisioterapia e per conseguirla è previsto un percorso di studi di tre anni. Il fisioterapista può lavorare privatamente o nelle strutture riabilitative pubbliche e, come il fisiatra, si prende cura del paziente nella sua totalità per restituirgli la massima efficienza possibile. A differenza del fisiatra, però, il fisioterapista non può prescrivere farmaci, esami diagnostici o tutori. Può solamente proporli ed è per questo che il dialogo con le altre figure professionali è fondamentale. Anche il fisioterapista, come l’ortopedico o il fisiatra, può fare ricerca, insegnare e svolgere attività di consulenza.

Ecco un esempio di quello che può essere l’iter dopo un infortunio: l’atleta dopo una brutta caduta si rompe il bacino e viene operato in ospedale dall’ortopedico. Dopodiché, per tornare alle normali attività di sempre, viene ricoverato in un reparto riabilitativo dove il fisiatra prescrive gli esami da fare e i farmaci da prendere, mentre il fisioterapista gli insegna nuovamente a camminare in modo corretto indirizzandolo verso un recupero veloce, senza scompensi e senza il rischio di infortunarsi di nuovo.

In caso di infortunio: l’osteopata

L’osteopata tratta le stesse patologie del fisioterapista, solo con un approccio diverso. Come due scrittori che devono scrivere dello stesso argomento: ognuno ha il suo stile. L’osteopata usa la manipolazione e crede che il corpo sia in grado di guarirsi da solo se meccanicamente in salute, cioè se le ossa sono al loro posto e lavorano bene, mentre il fisioterapista crede che il problema possa partire anche da altre strutture, come i muscoli, i tendini, i legamenti o i nervi. Inoltre, l’osteopatia si occupa di tutte le funzioni fisiologiche in generale, non solo del movimento (è utile in gravidanza, ad esempio, nel mal posizionamento del bambino nella pancia della mamma) e parte dall’idea che tutte le malattie del corpo possono essere guarite manipolando le ossa. In Italia, la figura dell’osteopata non è riconosciuta dal Sistema Sanitario Nazionale; i relativi percorsi di formazione sono organizzati dalle università italiane attraverso master post laurea di I o II livello o da associazioni private con 5-8 seminari all’anno di 3-5 giorni ciascuno per 6 anni.

In caso di infortunio: il chiropratico

Discorso simile può essere fatto per la chiropratica, con la differenza che questa si concentra sul sistema nervoso e in particolare sulla colonna vertebrale che protegge il midollo spinale, pensando che un problema a questo livello interferisca con l’innata capacità o intelligenza del corpo di guarirsi da sé. La chiropratica è considerata nella maggioranza delle nazioni una medicina alternativa e include un’opera di consulenza sugli stili di vita. L’atto terapeutico prevalente compiuto dai chiropratici è il thrust, ovvero quando durante la manovra si sente il caratteristico scroscio articolare e, come qualsiasi altro trattamento, alcune tecniche manipolative chiropratiche, se eseguite senza precauzioni o da personale inesperto, possono comportare rischio di lesione. In Italia non esiste alcun percorso di studio riconosciuto, né sono stabiliti i requisiti per svolgere l’attività di chiropratico.

In sintesi

La medicina riabilitativa ha come obiettivo quello di ridurre gli esiti invalidanti di una malattia o di un infortunio per permettere una migliore qualità di vita. Impedisce che un trauma renda il paziente o l’atleta disabile, consentendogli di poter svolgere di nuovo tutte le attività considerate normali, come per esempio correre, e si occupa del recupero non solo delle abilità perse, ma anche di quelle mai acquisite. Ѐ stato questo, ad esempio, il caso di Oscar Pistorius, atleta sudafricano nato con una grave malformazione alle gambe (successivamente amputate), che non gli ha impedito di correre con i normodotati.

Articoli correlati

10 consigli per migliorare le abitudini alimentari

Come fare a migliorare le abitudini alimentari? Dalla colazione alla cena ecco una serie di utili consigli Negli anni abbiamo forgiato le nostre abitudini e a quelle siamo sempre piuttosto affezionati. Le abbiamo create grazie a informazioni trovate su web e social, a martellamento mediatico, a proposte di nuove diete, libri, indicazioni varie sulla necessità […]

Plantari per correre: 7 cose che (forse) non sai

Sarà perché non si vede, sarà perché continua a essere accompagnato da troppa confusione, il plantare per correre fa storcere il naso ancora a molti runner. Ecco allora sette domande e altrettante risposte per risolvere ogni dubbio. La corsa esalta i difetti di appoggio? Quanto “pesa” l’età del runner? Il plantare può essere parte della […]

Dolore anca dopo la corsa: ecco come evitare problemi

Una delle verifiche inevitabili dopo anni di corsa riguarda la funzionalità e l’efficienza dell’articolazione dell’anca. Se essa gode di buona salute avremo infatti un lasciapassare per tanti altri anni di attività, se ci sono dei segni evidenti di usura è bene capire come comportarsi. In ogni caso è importante stabilire se il dolore deriva dall’articolazione […]

Dolore ginocchio: 5 sintomi da interpretare

Il dolore al ginocchio è uno dei problemi che più frequentemente colpisce chi pratica la corsa. Scopriamo quali sono i sintomi da interpretare. Una delle caratteristiche salienti dell’atleta evoluto è quella di ascoltare i segnali del proprio corpo in relazione agli stimoli allenanti: parliamo del dolore alle ginocchia. Può avvenire in modo frequente durante e […]