Glasgow, l’analisi degli Europei

Glasgow, l’analisi degli Europei

05 Marzo, 2019
Giancarlo Colombo

La domanda è la seguente: c’è vita dietro alla completa resurrezione di “Gimbo”agli Europei indoor di Glasgow? Senz’altro un bel dilemma.
Vediamo di venirne a capo senza addentrarci in tecnicismi e in dietrologie. Premesso che Gianmarco Tamberi è un animale da sala, giusta l’affermazione del DT Antonio La Torre quando ha dichiarato: “Se saltasse in una discoteca, arriverebbe al record del mondo”. Il ragazzo di Ancona ha mostrato attributi difficilmente riscontrabili tra i maschietti dell’atletica. Questo è un fatto certo. Si cerca ora di trovare altri spunti positivi nella trasferta scozzese.

Prima di tutto il bronzo delle quattro ragazze della staffetta 4×400. Giù il cappello davanti a Raphaela Lukudo, Ayomide Folorunso, Chiara Bazzoni e Marta Milani, specie le ultime due hanno esibito grande attitudine a soffrire benché non più imberbi. Un bronzo per l’Italia dopo 17 anni nella stessa specialità. Allora il quartetto era composto da Daniela Reina, Patrizia Spuri, Carla Barbarino e Danielle Perpoli. Brava anche Tania Vicenzino (salto in lungo), la stagione invernale trascorsa a spingere un bob le deve essere servita, così Claudio Stecchi (ottimo quarto nel salto con l’asta, Gibilisco docet), Simone Forte nel salto triplo e gli ostacolisti.

L’altra faccia della medaglia sta nell’affermare che qualche nome sul quale la nazionale italiana ha puntato è naufragato. Si cita Marcell Jacobs, che nelle gare che contano per ora non si è mai visto. Chi scrive, e non è di certo un tecnico, lo vedrebbe meglio in pista nei 100 e 200, il salto in lungo è devastante per i muscoli di seta del ragazzo allenato da Paolo Camossi.
Nel salto in alto donne si sta assistendo a una sorta di involuzione tecnica da parte di Alessia Trost, mentre Elena Vallortigara dimostra di soffrire le gare di alto livello. A Berlino dichiarò di sentirsi in un frullatore, a Glasgow?

La rassegna è stata dominata dalla Gran Bretagna, vincitrice di 12 medaglie, anche se il medagliere, per la consueta regola di calcolo, vede primeggiare la Polonia, vincitrice di 5 ori (sulle sette totali, contro le 4 britanniche). Emergono prepotenti la Norvegia degli Ingebritsen e di Karsten Warholm, la Grecia e l’Ucraina, capaci di conquistare rispettivamente 5 e 4 podi. Lo strapotere britannico emerge dalla classifica a punti, dove la Polonia, seconda, è distanziata di 50 lunghezze (122,5 contro 72).

Due note finali. La prima. Nel mezzofondo donne brilla la stella di Laura Muir, che fa il bis di Belgrado di due anni fa (oro nei 1.500 e nei 3.000) con annesso spettacolo per gli scozzesi, terra alla quale lei appartiene. La saga degli Ingebritsen per una volta è stata oscurata da quel vecchio pirata polacco di Marcin Lewandowski primo nei 1.500, mostrando all’imberbe e sfrontato figlio di Norvegia, come si corre tra le curve strette e sulle piste di 200 metri: un capolavoro tattico, il suo!
Seconda nota. Da più parti, specie sulla cloaca massima dell’informazione e della disinformazione (Facebook) in parecchi hanno lamentato l’assenza di Filippo Tortu nei 60 metri. Il programma stabilito con la federazione era noto da molto tempo. Inutile stare a stupirsi ora. Tutto qui.