Nelle tante corse amatoriali domenicali a qualche podista tocca inevitabilmente tagliare il traguardo per ultimo. Questi corridori non riescono a correre più velocemente a causa di qualche controindicazione fisica, o sono invece lenti perché si allenano di meno?
Se lo è domandato un gruppo di ricercatori dell’università di Zurigo, che a riguardo ha condotto uno studio pubblicato poche settimane fa.
I risultati del test sembrano confermare la presenza di podisti refrattari allo stimolo indotto dagli allenamenti e che, per quanto si impegnino, la loro evoluzione tecnica arriva al massimo al 5%. Esiste quindi una fascia di corridori che si deve rassegnare a rimanere sempre in fondo al gruppo, nonostante gli sforzi profusi in allenamento?
Forse sì. Ma dobbiamo considerare che l’evoluzione dell’efficienza nella produzione di energia dei meccanismi aerobici richiede alcuni anni prima di arrivare a un buon livello di stabilizzazione. Inoltre la ricerca svizzera presenta alcuni limiti che riguardano la fascia temporale presa in esame e la mancanza di riferimento alla soglia anaerobica.
Pur ammettendo che non in tutti i podisti si rilevano miglioramenti cronometrici della stessa entità, credo che nessun corridore amatore debba accontentarsi di un miglioramento delle proprie prestazioni inferiore al 10%. Non a tutti è richiesto di essere un campione, ma tutti noi dovremmo chiedere a noi stessi di crescere.
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Yes, you can. Migliorare è possibile”, di Orlando Pizzolato, pubblicato su Correre n. 390, aprile 2017, alle pagine 26-28.