Un’estate abbagliante, arroventata dal sole che rimbalza sulla pietra leccese. Le vie del centro sbiancate dal caldo. Chilometri e chilometri macinati nell’illusione di un’ombra che non c’è, tra un lungomare chiuso al traffico e stradine di campagna agghindate da fan club. Siamo a Barletta, città natale e di elezione della futura maratoneta Veronica Inglese. Una che l’argento europeo sui 21,097 km l’ha conquistato senza aver mai passato un giorno in altura.
Quella prima gara persa
Che molti ragazzi inizino a fare atletica dopo aver partecipato ai giochi sportivi studenteschi è storia nota. Solitamente, però, ci si appassiona se si ottengono buoni risultati, non se alla prima gara si finisce nelle retrovie.
«Papà non voleva che da piccola facessi atletica e per anni mi iscrisse a danza e nuoto. “Prima ti devi formare”, mi ripeteva sempre. Io però volevo correre e dopo quel brutto piazzamento alla gara della scuola non aveva più scuse: mi serviva proprio un allenatore» sorride Veronica.
Un’Olimpiade preparata sul lungomare
«Continuo a passare la maggior parte del tempo a Barletta, dove le settimane in cui sono previsti lavori specifici mi raggiunge il mio tecnico, Massimo Magnani. Il fatto di vederci poco rende più stimolanti gli allenamenti che riesce a seguire. Barletta vanta la spiaggia più lunga d’Italia, ma quello che se la gode di più è proprio Massimo, che la sfrutta per farmi fare potenziamento! Lo scorso inverno siamo stati in Eritrea: il mio primo stage d’allenamento in altura» confessa la ragazza.
Responsabilità e nuovi metodi
È dura con dolcezza, Veronica Inglese. Garbata con fermezza. La guardi e dimostra meno dei suoi 27 anni. La ascolti e cogli la determinazione di un’atleta che non vuole più perdere tempo. «Magnani mi segue dal novembre 2015. Ho voluto interrompere con l’allenatore precedente, Antonio Ferro, perché avevo bisogno di cambiare metodo… e di infortunarmi meno! Correvo pochi chilometri e sempre forte. Mai variazioni, mai potenziamento, mai salite: sempre lo stesso schema, da ripetere sempre più forte. Solo dei progressivi e dei fondi medi, che alla fine diventavano a ritmo gara. Ma non mi puoi chiedere di abbassare la media delle sedute ogni settimana. Con Massimo il lavoro è più specifico. Essendo stato lui stesso un maratoneta, sa ragionare a lungo termine» si sfoga la campionessa europea Juniores del 2009.
Il futuro sui 42 km
«Quello della maratona è sempre stato un mio sogno e già da piccola mi dicevano tutti che sarei stata portata. A volte, sono le gare a scegliere te. So che il mio futuro è sui 42 km e so che per correrli forte tra qualche anno bisogna iniziare a prepararli già da ora. Ma so anche che continuerò ad andare bene sui 5.000 e sui 10.000 m: Massimo mi ha insegnato che andare forte in maratona non significa andare piano su pista. Quando nel 2016 preparavo la mezza, infatti, corsi i 5.000 m in 15’22”45, minimo olimpico. Quando debutterò? Abbiate pazienza fino all’inverno…»
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Pronta al decollo” di Francesca Grana, pubblicato su Correre n. 395, settembre 2017 (in edicola da venerdì 1 settembre), alle pagine 76-80.