Alcuni podisti sembrano refrattari agli stimoli dell’allenamento. Ma prima di farci demoralizzare dallo spauracchio di ridotti progressi fisiologici e prestativi, proviamo a capirne di più
Nell’ambito dell’allenamento aerobico i sistemi dell’organismo si adattano alle sollecitazioni degli allenamenti con tempi piuttosto lunghi. L’evoluzione fisiologica e tecnica è direttamente proporzionale al carico di allenamento svolto, alla durata della carriera podistica e all’età dei soggetti.
Con queste premesse, sul numero di Correre di maggio, il nostro direttore, Orlando Pizzolato, affronta il tema di cosa deve fare un runner per migliorare davvero. “Dalle mie ricerche ̶̶ scrive Orlando ̶ è emerso che gli atleti di alto livello hanno una crescita atletica che dura un po’ più del doppio rispetto a quella di un buon amatore che percorre dagli 80 ai 100 km settimanali. Le parabole di crescita dell’efficienza fisica (misurata comparando dati fisiologici del VO2max e della soglia anaerobica) di un professionista e di un amatore differiscono di poco nei primi due anni di allenamento, poi però l’amatore tende ad assestarsi già a partire dal terzo anno e ad appiattirsi verso il quinto anno di carriera, mentre nei top runner la pendenza media della parabola di crescita si protrae molto a lungo e non tende ad appiattirsi prima del sesto anno”.
Pizzolato entra poi nel merito di un’interessante ricerca svolta in Giappone su un gruppo di 7.000 podisti seguiti per sei anni e classificati in tre categorie di rendimento, indistintamente da ogni altro aspetto come età, sesso, professione, numero di sedute o quantità di chilometri. L’unico criterio di suddivisione era il loro primato sulla mezza maratona: meno di 1:20’, meno di 1:30’ e meno di 1:40’.
La conclusione dell’equipe nipponica conferma che più alto è il livello di rendimento, più lunga sarà la parabola di crescita. Detto in altre parole: i corridori più evoluti sul piano aerobico sono quelli che hanno una carriera più lunga e, di conseguenza, maggiori margini di miglioramento.
Allenarsi più svelti (senza esagerare!) è certamente la chiave per innalzare la propria parabola prestativa, senza però dimenticarsi di integrare il proprio programma con qualche allenamento di qualità (ovvero non di corsa lenta) in salita. Non dovrebbero mai passare, infatti, due settimane senza aver svolto una seduta in pendenza, sia nella forma intervallata (ideale per i corridori con fibre miste), sia nella forma continua (per i podisti che hanno essenzialmente fibre rosse).
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Il fattore C del runner: chilometri, crescita e corsa”, di Orlando Pizzolato, pubblicato su Correre n. 391, maggio 2017 (in edicola da sabato 22 aprile), alle pagine 20-22.