Sembra finalmente superata la distinzione un po’ stucchevole tra agonismo e benessere. In questa stagione di corsa ritrovata e senza mascherine è la partecipazione che va al centro della scena e aggrega negli eventi running, con pari dignità, le differenti motivazioni che hanno portato ognuno di noi a mettere la corsa dentro la propria vita.
Sembra ieri che l’impegno di questo mensile per una pratica consapevole della corsa veniva marginalizzato: “quelli sempre lì a guardare il cronometro”, “quelli col pettorale”, “i talebani della tabella”. Oggi perfino nei running blog più seguiti si racconta spesso la preparazione e la partecipazione alle corse, maratone soprattutto.
I principali brand stanno tornando a lanciare le novità più importanti in occasione dei grandi eventi, favorendo così la percezione della corsa come “passione unica” e superando la precedente, un po’ stucchevole distinzione tra agonismo e benessere.
E le corse? Pronosticate “a tempo”, perché destinate a consumarsi e a spegnersi con la generazione di podisti che le aveva animate per quarant’anni, oggi sembrano proprio tornare al centro della comunicazione delle aziende. Si usa ancora con cautela la parola “gara”, che già da sola mette stress, di cui dopo la pandemia si sta facendo, in molti, indigestione. Si maneggia con prudenza anche il termine “corsa”, appunto, perché la nostra mente l’associa alla parola “fretta”, che produce ansia. “Evento”, invece, va per la maggiore e il segreto del suo successo è chiaro: classificare una corsa come evento sposta l’attenzione dal risultato alla partecipazione, che emerge come bisogno primario in questa imminente estate senza mascherine.
Buona corsa.
E buona lettura di Correre di giugno.