Su Correre di giugno Azzurra Meringolo, giornalista della redazione “esteri” del Giornale Radio Rai, racconta i conflitti che segue per lavoro, in Israele e Palestina, ma anche in Egitto e in Ucraina. Ma soprattutto il rapporto con il running, tanto difficile spesso da praticare nei luoghi dove prende forma il suo incarico di “inviato di guerra”, quanto fondamentale per scacciare pensieri e allentare tensioni.
Saverio Fattori cerca e racconta particolari storie di vita, dove la corsa, confinata magari nei ricordi di gioventù, finisce per riemergere ed entrare nelle difficoltà della vita con un ruolo nuovo.
È questo il caso che racconta su Correre di giugno: quello di Azzurra Meringolo, inviata del Giornale Radio Rai nell’area mediorientale, ma anche in Ucraina.
“Un’intervista – ricorda Fattori – cominciata con un primo contatto avvenuto la mattina di giovedì 14 marzo, quando Azzurra era a Gerusalemme, nel giorno che precedeva l’inizio del Ramadan”. Leggiamo da Correre: “Si annuncia una giornata impegnativa, potrebbe portare a una svolta del conflitto tra Israele e Palestina. Hamas ha invitato tutti i palestinesi, compresi quelli che vivono nella striscia della Cisgiordania, ad andare a pregare nella Moschea Al-Aqṣā e a rimanervi per tre giorni. Le autorità israeliane, in un primo momento, non avevano annunciato restrizioni aggiuntive all’ingresso dei musulmani, per poi avere un ripensamento, non chiarissimo nelle modalità, vietando comunque l’entrata agli uomini di età inferiore ai 55 anni. C’è tensione, molti fedeli partiti dai territori non potranno accedervi, e ci sono stati i primi tafferugli”.
Tranquilla quanto basta per correre
“Azzurra mi dice che il pomeriggio si annuncia tranquillo – prosegue l’articolo -, e rifletto su quanto il concetto di “tranquillità” possa essere duttile ma sincero, almeno dal suo punto di vista, visto che il ritorno alla normalità è sancito dalla possibilità di andare a correre sulla pista ciclabile che scorre lungo la vecchia ferrovia della linea tra Gerusalemme e Tel Aviv. Il vecchio capolinea ribattezzato Station to Station oggi è un luogo nuovo, una vivace stazione culturale con locali di ogni tipo e animazione per bambini. Al tempo delle sue prime trasferte di lavoro tutto questo non c’era, quindi missione dopo missione ha potuto seguire la mutazione di uno dei pochi luoghi “misti”, ovvero frequentato da famiglie sia arabe sia israeliane pur essendo a Gerusalemme Ovest, non troppo distanti dalla Linea Verde, il confine arabo-israeliano stabilito dagli accordi di armistizio del 1949.”
“Regole d’ingaggio” anche per la corsa
Se la corsa da noi è ormai uno dei simboli di normalità e libertà, non è così in altre parti del mondo, soprattutto per le donne: “Nei quartieri conservatori ebraici il giorno del Shabbat, festività che impone l’interruzione di molte attività, non si può farsi vedere correre, in generale è meglio non farlo in zone trafficate, con automobili e confusione, perché gli attacchi anche con arma bianca sono molto frequenti”.
Donne coraggiose e centri commerciali
“Meringolo ha corso ovunque – ricorda Fattori su Correre -. La prima volta che si era recata per lavoro in Arabia Saudita una donna sola aveva difficoltà anche a prendere una camera in un hotel. La società poi è cambiata, lentamente, tra mille diffidenze, ma a un certo punto ha potuto entrare in contatto con un gruppo di donne coraggiose che sfidando regole sociali millenarie praticavano curiosamente la corsa all’interno dei centri commerciali di Gedda nelle ore precedenti l’apertura delle attività. Correre in certi contesti patriarcali può essere una sfida, anche per lei, che i centri commerciali li detesta, ma era importante essere testimone attiva, conoscere queste donne, raccontare di sport e condizione femminile nel mondo.
Non molto dissimile l’esperienza in Egitto, Paese nel quale Azzurra ha vissuto, studiato e fatto ricerche per il suo dottorato. Era il 2011, l’anno delle sollevazioni popolari che portarono alle dimissioni del presidente Mubarak, un periodo storico che racconterà compiutamente nel libro I ragazzi di Piazza Tahrir documentando le lotte e le speranze dei giovani arabi. In Egitto formalmente non ci sono restrizioni legislative repressive nei confronti delle donne, ma esistono contraddizioni nella società e comportamenti che fanno tornare alla memoria il nostro profondo sud (e non solo…) di più di qualche decennio fa. Una donna che corre per le strade del Cairo attira facilmente commenti di cattivo gusto e qualcosa di minaccioso aleggia, Azzurra trova un contesto pesante e arriva a desistere per rassegnarsi a frequentare una palestra. Poi, magicamente, anche in questa situazione si viene a formare un gruppo di donne che ogni venerdì si ritrova per fare diversi chilometri senza badare troppo a ritmi e cronometro. Non mi è ancora chiaro se è lei stessa a fare da aggregante o se da brava giornalista riesce a farsi trovare nel luogo giusto al momento giusto. Sta di fatto che indagare la condizione femminile a ogni latitudine è sempre tra le sue priorità, che si tratti del mondo arabo o del conflitto ucraino”.
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Professione: inviata di guerra”, di Saverio Fattori, pubblicato su Correre n. 476, giugno 2024 (in edicola da inizio mese), alle pagine 72-81.