Orientarsi nella scelta dei plantari più adatti non è facile, dal momento che ne esistono di diversi tipi: fatti sul calco del piede, a lievitazione, termoformati, preformati, computerizzati, dinamici o posturali. Cerchiamo di chiarire alcuni concetti di base, capendo qual è il più adatto a chi svolge un’attività impegnativa come la corsa.
La storia delle ortesi plantari moderne vede l’impiego di materiali diversi: acciaio, cuoio, cuoio-sughero, poliuretano o etilvinil acetato (EVA). Le procedure di realizzazione più evolute partono dalla forma del piede ottenuta da calco in gesso o utilizzando il piede stesso. Moderne pedane con sensori pneumatici consentono una rapida rappresentazione tridimensionale della forma. Le possibilità di intervento progettuale più fini si ottengono con i sistemi cad-cam.
Il plantare può implicare degli interventi sulla postura, per cui risulta necessario un consulto di carattere medico-ortopedico, per esempio l’eventuale correzione di una dismetria, ovvero una diversa lunghezza degli arti inferiori. Potrebbe anche rivelarsi necessario ricorrere ad accertamenti radiologici o posturali.
Anche i rapporti angolari tra avampiede e retropiede rivestono grande importanza nella realizzazione ortesica: in questo caso le misurazioni sono rigorosamente manuali con strumenti adeguati e non vi è nessun esame computerizzato statico o dinamico che si possa sostituire a tale intervento.
Un’altra valutazione medica di cui si deve tenere conto ai fini della miglior riuscita del plantare è l’inclinazione dell’asse tibiale in carico: da esso dipende l’approccio del piede nei confronti del terreno e la determinazione di un compenso non può essere lasciata al caso.
Anche molti sportivi di alto livello, dalla velocità alle ultramaratone, hanno ottenuto i loro migliori risultati con un plantare ai piedi. Dopo un adeguato periodo di adattamento, il plantare non limita la prestazione ma, al contrario, preserva la muscolatura da un affaticamento precoce.