Cinquant’anni fa / 2 – Imola, ciclismo e podismo, destini incrociati

Cinquant’anni fa / 2 – Imola, ciclismo e podismo, destini incrociati

27 Settembre, 2018
Elaborazione grafica: Roberto Pisana

Automobilismo, ciclismo, corsa. Di motori, il circuito di Imola ne ha sentiti rombare tanti. Di motori umani un po’ meno, ma quei pochi, in qualche modo, hanno lasciato un segno. È domenica primo settembre 1968 quando l’autodromo fa da teatro al Mondiale di ciclismo vinto da Vittorio Adorni. Partono in 90, arrivano in 17. È sabato 26 ottobre dello stesso anno, invece, quando sull’identico tracciato della prova iridata partono in 84 e arrivano in 79 nella prima edizione del Giro dei Tre Monti, che quest’anno, domenica 21 ottobre, festeggia la cinquantesima edizione. Su Correre di ottobre abbiamo dato la parola ai testimoni, partendo da Vittorio Adorni e finendo con Leo Monduzzi, organizzatore di quella gara podistica così strana, per il tempo, che nelle discussioni dentro ai bar imolesi venne a lungo chiamata “la cursa di mat” (corsa dei matti). 

Vittorio Adorni ricorda

«Dei tre strappi il più impegnativo era l’ultimo, poi si rientrava in autodromo. Tra noi corridori i commenti non erano benevoli, c’era chi protestava con i dirigenti italiani perché il percorso mondiale la Federazione internazionale non lo propone, si limita ad approvarlo. Mi ricordo bene anche i giorni di vigilia, tribolati per le illazioni che giravano sul mio conto. Alcuni giornalisti imbecilli scrissero che il ct Mario Ricci mi aveva convocato senza considerare che mi sarei messo al servizio di Merckx di cui ero, quell’anno, compagno di squadra. Visto com’è andata, Eddy ha fatto da gregario a me, quel giorno». 

La prima “Tre monti” 

Sabato 26 ottobre di quello stesso 1968, come già ricordato, l’autodromo si riempie di nuovo di motori umani. Il Circolo culturale e ricreativo S.A.C.M.I. di Imola organizza il primo “Giro dei Tre monti”, sullo stesso tracciato utilizzato quasi due mesi prima dai ciclisti. In questo caso, però, lo si percorre una volta sola, per 15 comunque micidiali chilometri (i 17 ciclisti arrivati in fondo al Mondiale, avevano completato 18 giri!). «Erano già pronti a partire – ricorda ancora oggi l’organizzatore di allora, Leonardo “Leo” Monduzzi -. Avevamo raccolto 83 iscrizioni. Mentre tutti si scaldano, passa un signore vestito in modo elegante: “Scusate, cosa succede?”, chiede. “C’è una corsa a piedi”, gli spiegano. “Ah… ma posso partecipare anch’io?” “… beh … sì.”, gli rispondono. Il signore si allenta la cravatta e si porta in ultima fila, immobile ad aspettare il via».

Partirono così in 84, tutti uomini. Arrivarono in 79. Vinse Bruno Gnudi, della stessa società Sacmi che organizzava la gara. 

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Quell’autunno del 1968, a Imola”, di Sergio Meda e Daniele Menarini, pubblicato su Correre n. 408, ottobre 2018 (in edicola a inizio ottobre), alle pagine 106-107.

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