È raro che un atleta agonista non sperimenti, almeno una volta nella vita, la cosiddetta sindrome da superallenamento. Si tratta di un progressivo esaurimento delle capacità di risposta del surrene a uno stimolo stressante molto prolungato (ad esempio una serie di sedute o di gare molto ravvicinate senza adeguati tempi di recupero).
Per capire come possa verificarsi questo sovraccarico è necessario approfondire cos’è e come funziona lo stress nello sportivo. Ne parliamo ampiamente nel numero di Correre di dicembre.
STRESS, UNA RISPOSTA ADATTATIVA
Lo stress, consistente nell’essere umano in una secrezione ormonale di cortisolo, è una risposta adattativa del nostro organismo a uno stimolo esterno.
Lo stress, la paura, le emozioni forti, sono eventi psichici che smuovono profondamente i centri ipotalamici all’interno del cervello, facendo partire una cascata di segnali verso l’ipofisi, che a sua
volta secerne ormoni diretti al surrene, responsabile dell’immissione in circolo di cortisolo e adrenalina, i cosiddetti ormoni del fight or flight (combattimento o fuga).
IN ASSETTO DI GUERRA
L’adrenalina ha un’azione istantanea, come una scossa (segue infatti vie
nervose dirette di attivazione), mentre il cortisolo agisce più lentamente, ma ha effetti di durata più lunga. L’effetto combinato delle due sostanze è appunto un’attivazione dell’organismo al combattimento o alla fuga: il cuore batte più forte, il livello di zuccheri nel sangue si alza, molto sangue viene inviato ai muscoli (a spese di organi meno “urgenti”), il cervello elabora rapidamente
ogni informazione utile, il respiro diventa veloce, il sistema immunitario si ferma (per non portare via risorse preziose) e le piastrine (in previsione di una ferita) si portano verso la superficie per provvedere a una veloce cicatrizzazione. In pratica, in pochi istanti, passiamo da una situazione di completo relax a un aggressivo assetto di guerra. Che è ciò che succede quando ci attiviamo per una prestazione sportiva agonistica.
IN MEDIO STAT VIRTUS
La presenza dello stress non deve quindi essere considerata un fattore solo negativo. È la cosiddetta legge di Yerkes e Dodgson: c’è un valore ottimale di stress che ci aiuta a essere nel pieno delle nostre capacità psicofisiche.
Valori troppo bassi ci lasciano un po’ indifferenti e addormentati, mentre valori troppo alti possono paralizzarci e svuotarci di energie lasciandoci bloccati, incapaci di pensare o di reagire.
In effetti cortisolo e adrenalina sono sostanze in grado di esaurire rapidamente tutte le nostre energie: fisiche e psichiche.
Come se i casi della vita ci mettessero ogni tanto il turbo: utile in fase di sorpasso, ma che può farci esaurire in un attimo tutto il carburante disponibile.
UN TURBO DI DURATA LIMITATA
Nell’atleta questo accade quando si è dovuto attingere al turbo del cortisolo surrenale per un periodo prolungato, senza mai concedersi il riposo che sarebbe servito al ripristino di quanto consumato. Una sequenza di eventi stressanti ad alto potenziale, prolungati nel tempo e magari intercalati da sgradevoli picchi traumatici, può abbatterci in maniera profonda e farci sentire incapaci di proferire parola, confusi, totalmente inabili a programmare delle attività, stanchi, depressi e privi di prospettiva.
Qualcuno riconosce questi sintomi? il superallenamento e la depressione condividono la stessa
radice biochimica e fisiologica: l’esaurimento surrenale.
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